Diversificare guardando all'Asia e al suo nuovo modello di crescita
Sguardo attento verso Oriente, perché qualcosa qui sta cambiando. Nonostante la forza del dollaro abbia innescato ondate di deflussi, che potrebbero continuare anche l’anno prossimo, “la regione mostra – secondo Fidelity International – una maggiore resilienza rispetto ai precedenti cicli di inasprimento”. Il miglioramento delle posizioni fiscali e un’inflazione relativamente contenuta sono solo due aspetti che permettono alle economie asiatiche di avere un maggior margine di manovra per adeguarsi meglio alle variabili globali. Ecco come queste economie stanno cambiando.
La Cina rallenta, ma non si ferma
Se c’è un paese che sta andando contro tendenza al rialzo globale dei tassi, quello è la Cina. Il governo del Dragone ha infatti deciso di mantenere un orientamento di relativo allentamento, offrendo alla sua economia una pedana di slancio per il prossimo anno. È innegabile che il super dollaro sta imponendo la sua forza anche in Cina, basti pensare che il 25 ottobre il renminbi si è deprezzato (7,3084Rmb per dollaro) scendendo ai livelli più bassi da quando i dati sul commercio cinese sono diventati disponibili nel 2011, segnando un ribasso del 15% da inizio anno.
Se a questo aggiungiamo le sfide a breve termine che la Cina sta affrontando, come la debole crescita del reddito (che si fermerà sotto la soglia del 3%, rispetto al 5,5% fissato dal governo ad inizio anno), una disoccupazione giovanile relativamente elevata e un potenziale indebolimento delle esportazioni, la situazione non sembra rosea. Tuttavia, gli esperti di Fidelity International sono sicuri che “nei prossimi mesi avrà luogo la graduale riapertura del paese, che fungerà da stimolo per una ripresa moderata – senza dimenticare che – il renmimbi dovrebbe rimanere relativamente più stabile rispetto al paniere generale di valute del China foreign exchange trade system (Cfets)”.
Il Giappone conferma la sua posizione
Il Giappone rimane fedele alla sua posizione, almeno per il momento. Il piano della Bank of Japan è quello di continuare a utilizzare il controllo della curva dei rendimenti per mantenere un orientamento accomodante anche nel 2023, a patto che lo yen non diventi ancora più debole, alzando alle stelle i costi delle importazioni. Importante sarà seguire anche qui l’andamento dell’inflazione che ha iniziato a dare qualche segno di surriscaldamento. Nonostante possa sembrare un piccolo aumento dei prezzi rispetto a quello che si assiste nelle economie sviluppate, l’inflazione nel paese del Sol Levante ha raggiunto a ottobre il 3,7%, un numero mai visto prima.
Guardando al mercato, le azioni giapponesi continuano comunque a offrire un’alternativa molto interessante per diversificare il portafoglio: secondo Fidelity International infatti, queste continuano a mantenere un ingente livello di liquidità.
La resilienza e la flessibilità del resto dell’Asia
Guardando al resto dei paesi dell’area asiatica, una speciale menzione meritano India e Indonesia, dove la parola chiave rimane crescita. Per entrambi i paesi, Fidelity International vede prospettive solide che sgonfiano le preoccupazioni in merito all’inflazione. Il paese della Tigre, dopo aver mantenuto una crescita media del Prodotto Interno Lordo (PIL) del 6,5% negli ultimi 30 anni, è ancora destinata a essere l’economia in più rapida crescita per il prossimo decennio. E nonostante dovrà affrontare una notevole pressione inflazionistica nel prossimo anno, essendo un importatore di materie prime, la solidità dei consumi domestici, gli investimenti in crescita e l’aumento di esportazione di prodotti high-tech, mettono l’india sulla buona strada per avere una discreta crescita del PIL reale nel prossimo anno.
Gli esperti di Fidelity International sono positivi anche sulle prospettive di crescita dell’Indonesia: l’esportazione di materie prime, come carbone e olio di palma grezzo, hanno permesso di ottenere un surplus. Inoltre, il paese vanta una pressione inflazionistica più modesta (un massimo al 5,95% registrato a settembre) e la sua banca centrale non è lontana dall’intraprendere la via della normalizzazione della sua politica monetaria, considerando che l’obiettivo di inflazione è fissato al range del 2-4%.
In conclusione
Senza dubbio i paesi asiatici hanno subito un rallentamento a causa del super dollaro, ma avendo ridotto la loro dipendenza dai finanziamenti esteri, grazie alla forte crescita dei mercati di capitali interni, l’impatto è stato molto più ridotto rispetto a quello della crisi del 2008. L’Oriente mantiene quindi le sue porte spalancate per gli investitori interessati a diversificare e aumentare la crescita del proprio portafoglio.