Un microchip impiantato nella mano, con cui si può pagare la
spesa (o qualsiasi altra cosa), accostando il polso al pos. L’evoluzione della
tecnologia ci porta verso scenari che fino a qualche anno fa sembravano
destinati a restare nella testa o nei libri degli scrittori fantasy. Non è la
prima volta che accade: uno spot di At&T del 1993 mostrava tablet e videocall che sarebbero arrivati sul mercato solo a partire
da quindici anni dopo – e non per iniziativa della compagnia telefonica
incumbent – e un film cult come Matrix ha disegnato il metaverso prima che
qualsiasi feature digitale lo rendesse anche solo ipotizzabile. Oggi è una
fintech polacca, con sede a Londra, il cui nome è Walletmor (crasi di The
Wallet Of Tomorrow) a inventare il portafogli del futuro.
Identikit del portafogli del futuro
E com’è il portafogli del futuro? Ha le dimensioni di una
spilla da balia ed è spesso circa mezzo millimetro: è costituito da un circuito
integrato e da una guaina metallica che funge da antenna, racchiuso in un
involucro ermetico fatto di un biopolimero creato nei laboratori di VivoKey
Technologies, azienda di Seattle che è il più grande produttore mondiale di
questo tipo di tecnologia e che è un abilitatore dell’intero ecosistema
dell’identità digitale. Il biopolimero che viene usato nel dispositivo è la
stessa plastica medica impiegata nella produzione di protesi auricolari o
pacemaker; per farselo impiantare sottopelle servono una ventina di minuti e un
medico specializzato: la procedura è semplice e del tutto indolore, assicurano
dalla società.
“L’impianto è disponibile per tutti i cittadini italiani
maggiorenni (come il resto dei cittadini comunitari) – dice a We Wealth Wojtek
Paprota, l’imprenditore polacco che sta dietro a questa azienda e che ha un
background in gestione patrimoniale e finanza internazionale – Ogni italiano
che può avere una carta di credito, può avere anche un impianto intelligente
Walletmor. Il mercato italiano è molto interessante e abbiamo avviato i primi
colloqui con alcune società finanziarie italiane: siamo aperti a nuove
partnership con le banche del paese”.
Da un libro fantasy al chip sottopelle
Ma come nasce l’idea e a cosa serve veramente un chip di
pagamento sottopelle? Ce lo ha raccontato lo stesso Paprota che è stato
ispirato da un romanzo di fantascienza polacco nel quale a un certo punto si è
imbattuto nell’immagine di una persona che apre una porta utilizzando uno smart
chip incorporato nella sua mano. “Mi sono rivolto alla migliore esperta
americana di implantologia intelligente, Amal Graafstra che prestava i suoi
servizi nei laboratori di VivoKey Technologies a Seattle”, racconta Paprota.
Dopo un primo test positivo è stata fondata la società, due anni fa.
Walletmor dichiara di aver venduto già 800 impianti, in poco
più di un anno, al costo di 199 euro e avere una rete di medici convenzionati
in grado di eseguire in maniera professionale e sicura la procedura. Gli
impianti vengono spediti in contenitori sterili riempiti con una soluzione
antisettica usata nelle procedure chirurgiche. Si tratta senza dubbio di una
notizia perché è la prima volta che sul mercato viene lanciato un dispositivo
medico con queste funzionalità: “Finora nessuno aveva mai prodotto un impianto
di pagamento sicuro e accettato in tutto il mondo — afferma Paprota – Il nostro
impianto è stato controllato più volte e certificato secondo gli standard di
biocompatibilità ISO 10993. Ultimo ma non meno importante: è valido per 8 anni.
È molto più duraturo di ogni carta di credito che probabilmente ognuno di noi
ha anche perso almeno una volta”.
I vantaggi (e qualche dubbio etico)
Ma serve davvero avere un microchip impiantato sottopelle
anziché nello smartphone o, per esempio, in un anello? “Il principale vantaggio di avere un impianto è molto
semplice – risponde Paprota – Non può essere rubato o portato via, anche se il
suo proprietario sta dormendo è intento a festeggiare. Non può essere neanche
perso. Un anello con la stessa funzionalità lo si toglie per fare la doccia al
mare e si può dimenticare in quel luogo pubblico, in balia di tutti. Si può
rompere, giocando a beach volley cadere a pezzi dopo aver colpito il pallone”.
Il vantaggio è chiaro ma è necessario sollevare qualche
dubbio etico. Walletmor è prodiga di spiegazioni – a partire da tutta una serie
di Faq sul sito – che affrontano la questione sanitaria, precisando che gli
impianti usano la tecnologia Nfc, quindi non hanno una fonte propria di
energia, né emettono onde radio o radiazioni. Il lettore Nfc (come il Pos) crea
un piccolo campo magnetico da cui l’impianto Nfc trae l’energia e con cui
comunica quando è abbastanza vicino. Il suo ruolo è quello di immagazzinare una
piccola quantità di dati per il tempo utile a confermare la transazione:
nessuno può essere rintracciato o identificato attraverso il chip sottopelle.
Ma vale in ogni caso la pena sottoporsi a un piccolo
intervento chirurgico per questo? Ne vale la pena, anche volendo considerare
questo chip come il fulcro di un sistema di sicurezza di prossimità, che
permette di sbloccare il telefono, il computer, l’auto e altri dispositivi
personali? “Diverse serie ricerche scientifiche hanno dimostrato che l’impianto
è biologicamente sicuro – precisa Paprota – Davvero, non c’è alcun problema
etico con l’impianto. Come non c’è stato quando agli anziani sono state offerte
le protesi auricolari. Il microprocessore è ricoperto dallo stesso biopolimero
di quei dispositivi e di altri impianti installati nel corpo umano: sostanze
approvate dalla Fda americana. Le persone in tutta Europa a volte hanno anche
impianti cardiaci, ginocchia o denti artificiali. È esattamente lo stesso
approccio”.