50 aziende europee (3 italiane) potrebbero fuggire a Wall Street

L’analisi si basa su tre metriche: il divario tra il rapporto prezzo-utili di una società e la valutazione mediana di un paniere di concorrenti statunitensi, la quota di ricavi negli Usa e la percentuale di azionisti nordamericani
In cima alla classifica delle 50 aziende a rischio fuga si posiziona Crh, gruppo irlandese specializzato nella produzione di materiali edili, quotato a Londra, che l’8 giugno presenterà infatti agli azionisti la decisione di spostare la propria quotazione a New York
Il “fascino” di Wall Street, dalle previsioni sulla crescita economica a un più ampio bacino di investitori, rischia di generare un fuggi-fuggi dalle Borse europee. Secondo una nuova classifica stilata dal Financial Times, che ha valutato 111 società con una capitalizzazione di mercato di almeno 10 miliardi di dollari e con azioni scambiate a sconto rispetto alle rivali statunitensi, i listini londinesi sono i più vulnerabili, guadagnando il 50% della top10 delle aziende con le motivazioni commerciali più forti per prendere in considerazione una quotazione a New York (o spostare la loro quotazione principale).
L’analisi si basa su tre metriche: il divario tra il rapporto prezzo-utili di una società e la valutazione mediana di un paniere di concorrenti statunitensi (su dati FactSet), la quota di ricavi negli Usa e la percentuale di azionisti nordamericani. Le 111 società del campione sono state estratte dal Ftse 350 britannico e dallo Stoxx 600 europeo e generano almeno il 2% dei loro ricavi dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. In cima alla classifica delle 50 aziende a rischio fuga si posiziona Crh, gruppo irlandese specializzato nella produzione di materiali edili, quotato a Londra, che l’8 giugno presenterà infatti agli azionisti la decisione di spostare la propria quotazione a New York in occasione di un’assemblea straordinaria. Secondo il quotidiano economico-finanziario britannico, lo sbarco negli Usa renderebbe le azioni dell’azienda più attraenti (si parla di un tasso di sconto del 47%) e aumenterebbe le sue capacità di presentare offerte per contratti infrastrutturali e acquisizioni nel Paese. Ad oggi vanta già il 58% di ricavi a stelle e strisce e il 19% di investitori nordamericani.
LE OPPORTUNITÀ PER TE. Come investire sulle big di Wall Street? Quale strategia adottare per diversificare il proprio portafoglio? Gli esperti selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi. RICHIEDI LA TUA CONSULENZA GRATUITA
Al secondo posto si posiziona la British American Tobacco, produttore di sigarette Dunhill e Lucky Strike quotato a Londra da più di un secolo. Rajiv Jain, suo primo azionista, ha dichiarato a marzo al FT di aver invitato il management a modificare la sua quotazione primaria, dichiarando la sua presenza nel Ftse “priva di senso”; in questo caso, il tasso di sconto (calcolato confrontando la sua valutazione con un paniere di società statunitensi del tabacco, tra cui Altria e Philip Morris) è del 31%. Sul podio anche Gsk, casa farmaceutica britannica che genera quasi la metà delle sue vendite negli Stati Uniti. Fino allo scorso anno, il suo responsabile scientifico Hal Barron risiedeva nella costa occidentale degli Usa, dove gestiva diverse partnership con neo-aziende; dimessosi dall’incarico, è stato sostituito da Tony Wood, residente in Uk. Il gruppo ha già una quotazione secondaria negli Usa, ma una persona che ha familiarità con la questione ha dichiarato al FT che le probabilità che si sposti interamente a New York sono prossime allo zero.
3 aziende italiane nella top50
Nella top50 sulle aziende che potrebbero maggiormente prendere in considerazione una quotazione a Wall Street ci sono anche tre italiane: Cnh Industrial (in quarta posizione), Stellantis (25esima) e Tenaris (39esima). Cnh Industrial, quotata sia a Milano che a New York, ha dichiarato lo scorso febbraio di voler abbandonare la piazza tricolore a favore di un’unica quotazione dall’altra parte dell’Oceano; l’idea è che il delisting venga completato entro l’inizio del prossimo anno. Successivamente alla maxi-operazione industriale che ha visto Iveco diventare indipendente da Cnh, la maggior parte delle operazioni del gruppo si è spostata di fatto a New York; uno shift che, secondo Cnh, riflette “il fatto che il nuovo profilo di business e la base di investitori della società si adattano meglio a un’unica quotazione negli Usa”. Oggi il 35% dei ricavi viene realizzato su suolo americano e il 27% degli azionisti proviene dal Nord America. Stellantis, invece, è attualmente quotata sui listini di Milano, Parigi e New York; quasi la metà dei suoi ricavi proviene da operazioni nel Nord America ma la società ha affermato di non voler spostare la sua quotazione primaria a Wall Street. Anche Tenaris genera la metà delle sue entrate negli Usa, ma non ha risposto alle richieste di commento del FT in merito a una possibile “fuga” a New York.