Il Qe redistribuisce la ricchezza: a favore dei giovani

Alberto Battaglia
12.10.2021
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Il Quantitative easing non beneficia tutte le fasce d'età, afferma un nuovo studio: a farne le spese sono i più anziani

Entra in gioco in fasi di emergenza e di solito viene accolto con un applauso. Il Quantitative easing, però, costituisce un'opportunità soprattutto per le fasce d'età più giovani. Gli anziani subiscono un impoverimento dovuto alla riduzione del valore reale del proprio risparmio previdenziale

Tre economisti (Fmi, Bce e università di Varsavia) hanno integrato gli effetti legati al ciclo di vita nella valutazione del Qe. Asset più cari sono un vantaggio per tutti i rispettivi possessori solo in apparenza, affermano: il discorso cambia se li si sta accumulando o vendendo

Dopo le decisioni di politica monetaria, i cronisti fanno spesso fatica a spiegare che cosa cambi concretamente nella vita delle persone. Il Quantitative easing, l'espansione quantitativa della moneta ottenuta attraverso l'acquisto di titoli da parte della banca centrale, viene solitamente presentato come un intervento di supporto all'economia dal quale tutte le famiglie traggono beneficio. Il giovane che lavora, poiché avrà più opportunità, così come il risparmiatore di mezza età, ché potrà beneficiare di un generale apprezzamento delle proprie attività (azioni, immobili, eccetera: se salgono di valore, migliora il benessere). Tre economisti, Marcin Bielecki (Bce), Michał Brzoza-Brzezina (Professor, Warsaw School of Economics) e Marcin Kolasa (Senior Financial Sector Expert, Fmi) hanno pubblicato uno studio che dimostra come le cose non stiano esattamente così. Il Quantitative easing, hanno argomentato gli autori, tende a favorire i giovani e a penalizzare i più anziani e i loro risparmi previdenziali. Perché?

L'idea che il Qe possa penalizzare intere fasce di popolazione con particolare riferimento all'età non è stata di certo quella dominante. Il modo di con cui tradizionalmente viene misurato l'effetto del Qe può essere considerato “statico”. In seguito all'iniezione di liquidità da parte della banca centrale si valutano gli effetti sull'inflazione e sull'apprezzamento dei vari asset; a questo punto, per ogni categoria di famiglia, si va a vedere come cambiano i redditi o il patrimonio netto. Naturalmente, un 30enne non avrà accumulato la stessa quantità di titoli finanziari e probabilmente avrà più debiti di un 60enne: questi ed altri fattori vengono incorporati nell'analisi.

Il risultato si può osservare nel grafico in basso, che mostra una certa variabilità degli effetti del Qe nelle varie fasce d'età; ma tutti, in seguito al Qe, stanno meglio di prima - con un picco poco dopo i 60 anni. Migliorano, in particolare, i ritorni degli asset (barre in verde) e si apprezzano gli immobili (in giallo). “L'insieme di questi effetti suggerisce che un allentamento della politica monetaria aumenta le risorse disponibili per la spesa per tutti i gruppi di età, con la maggior parte dei guadagni per le famiglie intorno ai 60 anni, dato che le loro posizioni abitative e patrimoniali reali raggiungono il massimo intorno a questa età”, sintetizzano gli autori. Tuttavia, questo approccio tradizionale avrebbe un grosso limite: non considera le prospettive future che questi rincari hanno nelle diverse fasi della vita e “ometterle conduce a conclusioni sbagliate”.

Per capire “se, e in che misura, gli individui beneficiano di un aumento dei prezzi delle attività" non va osservata solo la "posizione netta corrente”, affermano gli economisti. Se tali attività sono in fase di accumulo o decumulo è un altro fattore altrettanto importante. “Per esempio, un proprietario di casa potrebbe non guadagnare dall'apprezzamento delle case, se progetta di trasferirsi in una più grande”, poiché andrebbe a pagare più denaro per comprare la sua nuova abitazione. “Un argomento simile si applica all'accumulo di attività finanziarie prima del pensionamento e al loro decumulo durante la vita rimanente”, hanno aggiunto gli autori. Per tenere conto di questi fattori legati la ciclo di vita i tre economisti hanno elaborato una "linea di benessere" definita non più in modo statico, ma sulla base della vita rimanente di ciascuna classe di età.



Nella nuova analisi dinamica il ruolo dell'immobiliare diventa meno importante e positivo solo per i più anziani, i quali, essendo nella fase della vita in cui più facilmente si vende casa, possono godere del suo apprezzamento in seguito al Qe. La componente legata all'incremento dei redditi da lavoro beneficia tutti e non ha subito particolari variazioni. A guidare gli effetti redistribuitivi sono, invece, legati ai “ritorni degli asset nominali” (in arancione nel grafico in alto). Quest'ultimi “sono positivi per le famiglie giovani e negativi in seguito”. Dal momento che il Qe stimola l'inflazione l'effetto è positivo nella fase della vita durante la quale si contraggono i debiti, mentre è negativo quando si tende ad essere creditori – tipicamente più in là con gli anni. Inoltre “le famiglie più giovani (sotto i 35 anni) riducono il loro patrimonio nominale aumentando il loro debito; le famiglie di mezza età lo accumulano ; infine, le famiglie più anziane decumulano nuovamente”. Asset più cari, come abbiamo già visto, penalizzano chi deve accumularli, mentre favoriscono chi è nella fase di progressiva vendita.
“A seguito di un allentamento della politica monetaria”, hanno concluso gli autori, “le famiglie più giovani e di mezza età diventano più ricche nell'ottica della vita residua, e quindi possono aumentare i consumi e accumulare più abitazioni”. Al contrario, “le generazioni più anziane diventano più povere e quindi, esclusa una spinta di breve durata dovuta a motivi intertemporali, il loro consumo rimane permanentemente depresso, come conseguenza della perdita di valore dei loro risparmi per la pensione”.
Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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