Il Qe redistribuisce la ricchezza: a favore dei giovani

Entra in gioco in fasi di emergenza e di solito viene accolto con un applauso. Il Quantitative easing, però, costituisce un'opportunità soprattutto per le fasce d'età più giovani. Gli anziani subiscono un impoverimento dovuto alla riduzione del valore reale del proprio risparmio previdenziale
Tre economisti (Fmi, Bce e università di Varsavia) hanno integrato gli effetti legati al ciclo di vita nella valutazione del Qe. Asset più cari sono un vantaggio per tutti i rispettivi possessori solo in apparenza, affermano: il discorso cambia se li si sta accumulando o vendendo
L'idea che il Qe possa penalizzare intere fasce di popolazione con particolare riferimento all'età non è stata di certo quella dominante. Il modo di con cui tradizionalmente viene misurato l'effetto del Qe può essere considerato “statico”. In seguito all'iniezione di liquidità da parte della banca centrale si valutano gli effetti sull'inflazione e sull'apprezzamento dei vari asset; a questo punto, per ogni categoria di famiglia, si va a vedere come cambiano i redditi o il patrimonio netto. Naturalmente, un 30enne non avrà accumulato la stessa quantità di titoli finanziari e probabilmente avrà più debiti di un 60enne: questi ed altri fattori vengono incorporati nell'analisi.
Il risultato si può osservare nel grafico in basso, che mostra una certa variabilità degli effetti del Qe nelle varie fasce d'età; ma tutti, in seguito al Qe, stanno meglio di prima - con un picco poco dopo i 60 anni. Migliorano, in particolare, i ritorni degli asset (barre in verde) e si apprezzano gli immobili (in giallo). “L'insieme di questi effetti suggerisce che un allentamento della politica monetaria aumenta le risorse disponibili per la spesa per tutti i gruppi di età, con la maggior parte dei guadagni per le famiglie intorno ai 60 anni, dato che le loro posizioni abitative e patrimoniali reali raggiungono il massimo intorno a questa età”, sintetizzano gli autori. Tuttavia, questo approccio tradizionale avrebbe un grosso limite: non considera le prospettive future che questi rincari hanno nelle diverse fasi della vita e “ometterle conduce a conclusioni sbagliate”.
Nella nuova analisi dinamica il ruolo dell'immobiliare diventa meno importante e positivo solo per i più anziani, i quali, essendo nella fase della vita in cui più facilmente si vende casa, possono godere del suo apprezzamento in seguito al Qe. La componente legata all'incremento dei redditi da lavoro beneficia tutti e non ha subito particolari variazioni. A guidare gli effetti redistribuitivi sono, invece, legati ai “ritorni degli asset nominali” (in arancione nel grafico in alto). Quest'ultimi “sono positivi per le famiglie giovani e negativi in seguito”. Dal momento che il Qe stimola l'inflazione l'effetto è positivo nella fase della vita durante la quale si contraggono i debiti, mentre è negativo quando si tende ad essere creditori – tipicamente più in là con gli anni. Inoltre “le famiglie più giovani (sotto i 35 anni) riducono il loro patrimonio nominale aumentando il loro debito; le famiglie di mezza età lo accumulano ; infine, le famiglie più anziane decumulano nuovamente”. Asset più cari, come abbiamo già visto, penalizzano chi deve accumularli, mentre favoriscono chi è nella fase di progressiva vendita.
“A seguito di un allentamento della politica monetaria”, hanno concluso gli autori, “le famiglie più giovani e di mezza età diventano più ricche nell'ottica della vita residua, e quindi possono aumentare i consumi e accumulare più abitazioni”. Al contrario, “le generazioni più anziane diventano più povere e quindi, esclusa una spinta di breve durata dovuta a motivi intertemporali, il loro consumo rimane permanentemente depresso, come conseguenza della perdita di valore dei loro risparmi per la pensione”.