Circa il 55% degli operatori analizzati ha sede nel settentrione, distribuiti per il 34% nel nord-ovest e per il 21% nel nord-est
Soliano: “Per creare un meccanismo di crescita virtuoso per startup e centri di innovazione, una revisione del contesto normativo attuale è più che mai necessaria”
Chi mette il turbo alle startup? In Italia, secondo gli ultimi dati raccolti da Social innovation monitor (team di ricercatori con base operativa al Dipartimento di ingegneria gestionale e della produzione del Politecnico di Torino e coordinato dal professor Paolo Landoni), si contano 237 incubatori e acceleratori. Una filiera dell’innovazione “in salute”, nelle parole di Stefano Soliano (vice presidente di Innovup intervenuto in occasione dell’evento di presentazione del rapporto), e che vanta un crescente grado di specializzazione.
Incubatori e acceleratori in Italia: dove trovarli
Circa il 55% degli operatori analizzati ha sede nel settentrione, distribuiti per il 34% nel nord-ovest e per il 21% nel nord-est. Il 23% ha sede invece nel centro Italia e il 22% nel sud e nelle isole. Guardando alle singole regioni, la Lombardia raccoglie il 24% del totale degli incubatori e acceleratori analizzati (pari a 57), seguita dall’Emilia-Romagna con il 12% e dal Lazio con il 9%. Si tratta prevalentemente di incubatori privati, vale a dire organizzazioni gestite esclusivamente da soggetti privati (pari a 158, vale a dire il 67% della popolazione complessiva). Gli incubatori pubblici-privati (la cui compagine include sia soggetti pubblici che privati) sono pari al 20% della popolazione complessiva mentre quelli pubblici (gestiti esclusivamente da amministrazioni o enti pubblici, spesso tramite la creazione di società “in-house”) rappresentano il 13%. Non mancano alcuni incubatori universitari (33) e corporate (15).
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I ricercatori hanno poi identificato tre tipologie di incubatori, considerando però il campione di 94 operatori su 237 che hanno preso parte alla survey:
- 42 business incubator, con lo 0% di organizzazioni incubate a significativo impatto sociale e ambientale rispetto al totale;
- 33 mixed incubator, che vantano fino al 50% di organizzazioni incubate a significativo impatto sociale e ambientale;
- 13 social incubator, con oltre il 50% di organizzazioni incubate a significativo impatto sociale e ambientale.
Se si considera la natura giuridica, l’85% dei social incubator sono privati, i mixed incubator sono per il 47% privati e per il 31% pubblici-privati, mentre i business incubator sono per il 48% privati e per il 29% pubblici-privati.
3.600 startup incubate, fatturato oltre i 550 milioni
Gli incubatori e acceleratori della Penisola hanno incubato circa 3.600 startup e vantano un fatturato che supera i 550 milioni di euro. Quanto ai servizi offerti, si parla principalmente di accompagnamento manageriale (come la redazione di business plan, lo sviluppo di modelli di business o il supporto alle vendite o all’internazionalizzazione), supporto allo sviluppo di relazioni (per esempio con centri di ricerca, università, enti statali, aziende e altre startup incubate) e supporto alla ricerca di finanziamenti, incluso il dialogo con gli investitori; ma non manca chi mette a disposizione spazi fisici e una formazione imprenditoriale e manageriale. Inoltre, l’86% degli operatori ha dichiarato di impegnarsi in attività non direttamente riconducibili ai processi di incubazione e accelerazione, come la partecipazione a progetti e bandi, la gestione e promozione di eventi, attività a titolo oneroso di scouting e open innovation, e infine servizi di coworking.
Per la prima volta, i ricercatori hanno infine analizzato gli acceleratori creati a partire dal 2021 da Cassa depositi e prestiti nella “Rete nazionale acceleratori Cdp-Venture Capital”. A fine 2021 ben 8 dei 16 acceleratori della rete risultavano avviati. “Oltre a essere ripresa, la crescita degli incubatori e acceleratori si sta anche specializzando”, ha dichiarato Landoni. “Non solo gli acceleratori Cdp hanno dei focus verticali, altri soggetti si stanno concentrando su diversi settori o diversi approcci, come quelli già visti l’anno scorso del venture builder e degli startup studio”. I risultati della ricerca, ha aggiunto Soliano, ci restituiscono la realtà di una filiera dell’innovazione in salute “ma con ancora un grande potenziale inespresso”. Per creare un meccanismo di crescita virtuoso per startup e centri di innovazione, avverte, una revisione del contesto normativo attuale “è più che mai necessaria, sia per quanto riguarda le definizioni e le agevolazioni previste per i soggetti che già vi partecipano, sia per tutti coloro che vorrebbero farne parte”.