Dalla fine del 2019 i titoli europei nel bilancio della Bce sono aumentati del 71%, miliardi che un processo di restringimento monetario non potrà che sottrarre all’economia. La stabilità finanziaria, però, potrebbe essere minacciata, con il riacuirsi degli spread. Come ottenere una politica monetaria adeguata, di fronte alla nuova inflazione senza danneggiare la stabilità finanziaria?
Stefano Micossi, dg di Assonime e presidente del comitato scientifico della Luiss School of European Political Economy, ritiene che il Meccanismo europeo di stabilità potrebbe intervenire nell’acquisto dei titoli che la Bce andrebbe a vendere – moderando gli effetti sugli spread
Il grafico in basso mostra la parte più consistente delle attività di bilancio della Bce, rappresentata dai titoli finanziari dei residenti, in euro: al suo interno ci sono, fra gli altri, Bund, Btp, Bonos, eccetera. Fra fra la fine del 2019 e quella del 2021 questa componente del bilancio della Bce è lievitata del 71%. La situazione può restare così com’è senza creare problemi?
Dopo l’avvio del Quantitative easing, nel 2014, il problema della riduzione del bilancio era stato relativamente poco importante, perché l’inflazione dell’Eurozona non aveva mai raggiunto livelli così elevati. Oggi, invece, l’uscita dalle politiche monetarie espansive richiederà un più rapido “Quantitative tightening”. Il che, nella pratica, significa che la banca centrale venderà i titoli che ha comprato o non reinvestirà le somme ricevute per quelli giunti a scadenza. In entrambi i casi, il denaro restituito dal debitore, ad esempio lo stato italiano, a quel punto, sparisce dall’economia. Questo è un bene, se l’obiettivo è contrastare la crescita eccessiva della domanda e, dunque, l’aumento dei prezzi.
Ma può creare un problema ai mercati finanziari dopo anni di politiche monetarie ultra lasche che, offrendo liquidità facile, hanno incoraggiato gli operatori a comprare azioni con grande disinvoltura. Non solo: per gli stati più indebitati dell’Eurozona sarebbe più difficile vendere i propri titoli di debito a tassi vantaggiosi, dal momento che la Bce non sarebbe più un loro (indiretto) compratore. Questo comporterebbe un aumento degli spread e maggiori costi per finanziare la spesa pubblica in disavanzo.
Come ridurre il bilancio della Bce senza fare danni: le proposte
Fra gli esperti, capire come possa essere gestita la riduzione del bilancio della Bce, per tutte queste ragioni, è da qualche tempo oggetto di riflessione.
“I titoli sovrani detenuti dall’Eurosistema rappresentano un problema potenziale, nella misura in cui – una volta raggiunta l’inflazione prefissata negli obiettivi – il requisito fondamentale che consente alla Bce di detenere legalmente quei titoli sovrani ai sensi del trattato di Maastricht – potrebbe scomparire”, ha dichiarato su VoxEu Stefano Micossi, dg di Assonime e presidente del comitato scientifico della Luiss School of European Political Economy. “Se così fosse”, ha proseguito Micossi, “le obbligazioni acquistate dal 2015 potrebbero dover essere rivendute sui loro mercati privati, con un potenziale disturbo delle condizioni monetarie e della stabilità finanziaria”.
Il mandato della Bce è duplice: raggiungere e mantenere stabile un’inflazione a medio termine del 2% e difendere la stabilità finanziaria. Micossi sostiene che la situazione attuale rischia di rendere i due obiettivi incompatibili. “Operativamente, il rapido aumento dell’inflazione attualmente in corso sta già portando avanti il conflitto tra i due obiettivi politici della Bce di drenare la liquidità in eccesso dal sistema e allo stesso tempo assicurare il rollover ordinato del loro portafoglio sovrano”, ha affermato lo studioso.
La via d’uscita proposta da Micossi evita di lasciare alle sole banche centrali, l’Eurosistema, l’onere di smaltire il bilancio (o quello di trovare espedienti per poterlo lasciare com’è). Ridurlo, quando l’inflazione è ben superiore al 2% rappresenta un obbligo legale. Al contrario, ha scritto Micossi, potrebbe scendere in campo il Meccanismo europeo di stabilità, noto volgarmente come Fondo salva-stati.
In questa nuova veste, il Mes procederebbe a comprare il debito sovrano messo in vendita della Bce. Per raccogliere il denaro necessario il Mes chiederebbe in prestito a sua volta, risorse finanziari agli investitori, emettendo Eurobond. Ovvero, titoli di debito a basso rischio garantiti collettivamente da tutti Stati membri.
Questa soluzione quali benefici offre rispetto a una semplice vendita sul mercato dei vari titoli sovrani da parte della Bce? In quest’ultimo caso, gli investitori sarebbero molto accorti nel chiedere interessi diversi per i titoli tedeschi, italiani, spagnoli, francesi e questo contribuirebbe differenziarne i rendimenti. Il Mes sarebbe meno schizzinoso, acquisterebbe in modo sistematico i titoli che la Bce intende vendere sedando così l’allargamento degli spread. A trarne i maggiori vantaggi sarebbero i possessori di titoli come Bonos e Btp, ma anche le finanze di Paesi come Spagna e Italia.