A giugno il tasso di disoccupazione dei giovani con un’età compresa tra 16 e 24 anni ha raggiunto il livello record del 21,3%
Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo che intende limitare gli investimenti americani in segmenti avanzati del settore hi-tech
De Luca: “Credo che la Cina abbia già dato il peggio di sé sul fronte delle performance. È un listino che è rimasto troppo indietro”
La Cina entra ufficialmente in deflazione. Dopo una lettura piatta a giugno, l’indice dei prezzi al consumo cede lo 0,3% su base annua, a fronte di un calo atteso dello 0,4%. I prezzi della produzione scivolano invece del 4,4% (contro stime del -4,1%), registrando la discesa più ripida da dicembre 2015 dopo una contrazione del 5,4% nel mese precedente. Ma si tratta di dati da leggere in chiave positiva, almeno per chi investe.
“Finché la deflazione resterà un problema di breve termine rappresenterà una buona notizia per i mercati, perché manterrà espansiva la politica monetaria della banca centrale cinese”, spiega a We Wealth Carlo De Luca, head of asset management di Gamma Capital Markets. “La politica economica della Cina è stata relativamente poco interventista nell’ultimo anno, quindi la banca centrale ha ancora diverse munizioni a disposizione”, conferma Brendan Ahern, chief investment officer di KraneShares. “I dati di luglio spiegano per quale motivo il governo di Pechino stia focalizzando la propria attenzione sui consumi interni, al fine di compensare la debolezza del settore manifatturiero guidato dalle esportazioni”, aggiunge, sottolineando come sia prevista un’ulteriore articolazione delle politiche di sostegno al consumo dopo la riunione del Politburo di luglio.
“Un occhio però va dato”, avverte De Luca, perché se la deflazione dovesse diventare strutturale, rischierebbe di far crollare la Terra del Dragone “in un circuito stile Giappone”, uscito dalla deflazione dopo una fase lunga 30 anni. Senza dimenticare tra l’altro l’altissimo tasso di disoccupazione giovanile del Paese: a giugno ha raggiunto il livello record del 21,3% per gli individui con un’età compresa tra 16 e 24 anni secondo il National bureau of statistics of China, a fronte di un tasso di disoccupazione del 4,1% per i giovani tra i 25 e i 59 anni. E la realtà potrebbe anche essere peggiore delle statistiche ufficiali. Come spiegato alla rivista Fortune dal professore di economia della Peking University, Zhang Dandan, la Cina calcola il suo tasso di disoccupazione includendo solo le persone che cercano attivamente lavoro, a differenza per esempio degli Stati Uniti che conteggiano anche chi è disponibile a lavorare; ragion per cui, il vero tasso di disoccupazione giovanile potrebbe essere vicino al 46,5%.
LE OPPORTUNITÀ PER TE.
Come investire in Oriente?
E’ più rischioso investire in Cina o in Giappone?
Gli advisor selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi.
TROVA IL TUO ADVISOR
“La Cina è una bomba a orologeria in molti casi”, ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden alla stampa in Utah, ricordandone una serie di problematiche economiche tra cui un’elevata disoccupazione e una forza lavoro che invecchia. A peggiorare la situazione del dragone potrebbe intervenire tra l’altro proprio l’ultima mossa della Casa Bianca: nella giornata di mercoledì Biden ha infatti firmato un ordine esecutivo che intende limitare gli investimenti americani in segmenti avanzati del settore hi-tech, in particolare nell’informatica quantistica, nei chip avanzati e nell’intelligenza artificiale. La nuova stretta riguarda soprattutto società di private equity e venture capital, oltre a joint ventures in gruppi cinesi impegnati nei settori sopracitati. “Sicuramente rappresenta un ulteriore elemento di incertezza per i mercati”, osserva De Luca. “Ma bisogna considerare che le valutazioni attuali sono già estremamente basse, per cui credo sia già tutto prezzato”, rassicura l’esperto.
Allo stesso modo anche la notizia del nuovo provvedimento cinese che intende limitare l’accesso a internet e vietare l’utilizzo dello smartphone ai minori di 18 anni nelle ore notturne – che potrebbe rappresentare un nuovo grattacapo per le big tech cinesi – secondo De Luca non rischia di avere un’influenza negativa sui mercati finanziari. “Credo che la Cina, in generale, abbia già dato il peggio di sé sul fronte delle performance, è un listino che è rimasto troppo indietro. Ma va fatto sicuramente un distinguo, tra le azioni H e le azioni A”. Le azioni H, quotate a Hong Kong, sono regolate dalla legge cinese e liberamente negoziabili da chiunque. “Sono le stesse quotate a New York, per cui chiaramente sono più volatili perché dipendono da queste notizie sulle restrizioni cinesi e da eventuali schermaglie geopolitiche, perché all’interno ci sono tanti istituzionali americani che nell’incertezza tendono a vendere”, spiega De Luca.
Al contrario, aggiunge, le azioni A rappresentano società che negoziano sulla borsa di Shanghai e “che sono investite per due terzi da retail cinesi, per cui sono più stabili. Facendo questa distinzione, sono dell’idea che entrambe siano sottovalutate, in particolare la tecnologia cinese, che ha già prezzato dazi, schermaglie e controlli”. Partendo da questo scenario, in definitiva, secondo De Luca potrebbe essere un buon momento per inserire la Cina in portafoglio. “In questo momento stiamo attendendo valutazioni leggermente più basse sulla tecnologia americana, mentre stiamo comprando tecnologia cinese. In generale, stiamo osservando tutti i settori; a eccezione delle banche, almeno nella fase di deflazione, perché scontano margini molto bassi”.