Patrimonio e non solo: il testamento genitoriale

7.2.2020
Tempo di lettura: 3'
Oltre alle disposizioni di carattere patrimoniale, il testamento può contenere ultime volontà di natura non patrimoniale (purché giuridicamente rilevanti). È il caso del “testamento genitoriale”, che qui viene analizzato alla luce dell'ordinamento italiano e confrontato con l'esperienza statunitense. Con una soluzione alternativa (per i soli aspetti patrimoniali)
Il testamento è l'atto di volontà attraverso il quale un soggetto regola i propri interessi per il tempo successivo alla sua morte.
In particolare, il testamento può racchiudere qualsiasi disposizione di ultima volontà, sia a carattere patrimoniale (classicamente quelle attributive della qualità di erede o legatario) che non patrimoniale, purché abbia un contenuto comunque giuridico (art. 587 c.c.)
È addirittura ammessa la possibilità che le disposizioni di carattere non patrimoniale siano l'unico contenuto del testamento, a patto che siano contenute in un atto che abbia tale forma e che sia, al contempo, espressione di un'intenzione negoziale volta alla produzione di effetti dopo la morte del disponente.
Le disposizioni prive del carattere della patrimonialità che il testatore può prevedere nel testamento possono essere sia tipiche (quindi previste espressamente dalla legge - si tratta, in particolare, di disposizioni regolanti interessi familiari ovvero diritti personali) sia atipiche (non normate, quali possono essere quelle inerenti alle modalità delle esequie) purché lecite.
Tra le disposizioni testamentarie non patrimoniali ammesse dalla legge rientrano quelle concernenti la designazione del tutore del minore da parte del genitore ultimo esercente la responsabilità (un tempo, “potestà”) (art. 348 c.c.): tale designazione, in particolare, servirebbe a guidare il giudice chiamato a nominare il tutore del minore in caso di decesso dell'ultimo genitore superstite. Si tratta del cosiddetto “testamento genitoriale”.
Ma qual è la sorte del testamento genitoriale, quando il genitore/testatore dispone la nomina del proprio nuovo compagno convivente, ovvero di un terzo soggetto quale tutore del proprio figlio minore, in virtù del particolare rapporto creatosi fra quest'ultimo e il primo, ove però sia ancora in vita l'altro genitore biologico a cui spetterebbe comunque la potestà genitoriale?
Sebbene tale previsione sia sprovvista di forza cogente dal punto di vista strettamente giuridico, essa potrebbe comunque costituire un “wishful thinking” in grado di spiegare un'innegabile efficacia persuasiva su un giudice chiamato a valutare la situazione familiare del minore post-decesso di uno dei genitori, soprattutto in presenza di scarso interesse mostrato negli anni dal genitore biologico ancora in vita nei confronti del figlio minore.
Nel panorama internazionale, particolare interesse suscita la declinazione di tale istituto negli Stati Uniti, oscillanti tra i due poli opposti degli stati “court-appointed” (la cui variante più rigida consente al giudice di ignorare del tutto la nomina testamentaria, mentre quella più flessibile prevede che sia tenuta in considerazione l'ultima volontà del genitore seppure la pronuncia definitiva al riguardo spetti comunque al giudice) e gli stati “parent-appointed” (con molteplici sfumature ricomprese tra l'immissione nella funzione del tutore nominato per testamento soltanto in presenza di determinati requisiti e l'immissione automatica dello stesso alla morte del genitore/testatore).
Vale comunque la pena sottolineare che, da un punto di vista strettamente patrimoniale, il genitore potrebbe ottenere un risultato analogo attraverso l'istituzione di un trust testamentario – ove ammissibile e purché correttamente strutturato e pienamente rispettoso sia delle norme inderogabili in tema di minori sia di quelle in tema di legittima – il cui beneficiario sia il minore stesso, con relativa nomina del soggetto diverso dal genitore biologico superstite o quale trustee o guardiano.
È addirittura ammessa la possibilità che le disposizioni di carattere non patrimoniale siano l'unico contenuto del testamento, a patto che siano contenute in un atto che abbia tale forma e che sia, al contempo, espressione di un'intenzione negoziale volta alla produzione di effetti dopo la morte del disponente.
Le disposizioni prive del carattere della patrimonialità che il testatore può prevedere nel testamento possono essere sia tipiche (quindi previste espressamente dalla legge - si tratta, in particolare, di disposizioni regolanti interessi familiari ovvero diritti personali) sia atipiche (non normate, quali possono essere quelle inerenti alle modalità delle esequie) purché lecite.
Tra le disposizioni testamentarie non patrimoniali ammesse dalla legge rientrano quelle concernenti la designazione del tutore del minore da parte del genitore ultimo esercente la responsabilità (un tempo, “potestà”) (art. 348 c.c.): tale designazione, in particolare, servirebbe a guidare il giudice chiamato a nominare il tutore del minore in caso di decesso dell'ultimo genitore superstite. Si tratta del cosiddetto “testamento genitoriale”.
Ma qual è la sorte del testamento genitoriale, quando il genitore/testatore dispone la nomina del proprio nuovo compagno convivente, ovvero di un terzo soggetto quale tutore del proprio figlio minore, in virtù del particolare rapporto creatosi fra quest'ultimo e il primo, ove però sia ancora in vita l'altro genitore biologico a cui spetterebbe comunque la potestà genitoriale?
Sebbene tale previsione sia sprovvista di forza cogente dal punto di vista strettamente giuridico, essa potrebbe comunque costituire un “wishful thinking” in grado di spiegare un'innegabile efficacia persuasiva su un giudice chiamato a valutare la situazione familiare del minore post-decesso di uno dei genitori, soprattutto in presenza di scarso interesse mostrato negli anni dal genitore biologico ancora in vita nei confronti del figlio minore.
Nel panorama internazionale, particolare interesse suscita la declinazione di tale istituto negli Stati Uniti, oscillanti tra i due poli opposti degli stati “court-appointed” (la cui variante più rigida consente al giudice di ignorare del tutto la nomina testamentaria, mentre quella più flessibile prevede che sia tenuta in considerazione l'ultima volontà del genitore seppure la pronuncia definitiva al riguardo spetti comunque al giudice) e gli stati “parent-appointed” (con molteplici sfumature ricomprese tra l'immissione nella funzione del tutore nominato per testamento soltanto in presenza di determinati requisiti e l'immissione automatica dello stesso alla morte del genitore/testatore).
Vale comunque la pena sottolineare che, da un punto di vista strettamente patrimoniale, il genitore potrebbe ottenere un risultato analogo attraverso l'istituzione di un trust testamentario – ove ammissibile e purché correttamente strutturato e pienamente rispettoso sia delle norme inderogabili in tema di minori sia di quelle in tema di legittima – il cui beneficiario sia il minore stesso, con relativa nomina del soggetto diverso dal genitore biologico superstite o quale trustee o guardiano.