L’81% delle compagnie assicurative italiane include nella propria offerta prodotti classificati come artt. 8 o 9 ai sensi della Sustainable finance disclosure regulation
La quasi totalità delle compagnie o dei gruppi assicurativi ha già incluso i criteri Esg anche nell’offerta di prodotti assicurativi diversi dai prodotti d’investimento
Magni, Etica Sgr: “Se vogliamo davvero indirizzare le nostre risorse verso un’economia sana e inclusiva non possiamo tralasciare la dimensione sociale, finora trascurata”
Le assicurazioni, nella duplice veste di investitori istituzionali e fornitori di coperture assicurative, svolgono quello che Gian Franco Giannini Guazzugli (presidente del Forum per la finanza sostenibile intervenuto in occasione dell’XI edizione delle Settimane Sri) definisce “un ruolo cruciale” nell’ambito della transizione sostenibile. Un ruolo che vede gli operatori italiani impegnati lungo diverse direttrici, che passano dalle politiche di remunerazione dei vertici fino all’inclusione nelle politiche d’investimento non solo della lotta al cambiamento climatico ma anche del lavoro dignitoso fino alla parità di genere.
Le decisioni d’investimento Esg
Secondo una nuova indagine condotta dal Forum per la finanza sostenibile in collaborazione con Ania che ha coinvolto 21 compagnie e gruppi assicurativi che coprono il 73% del mercato italiano in termini di premi, la totalità degli operatori include i criteri Esg nelle decisioni d’investimento. Una scelta motivata dalla possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno finanziario, da una gestione più efficace dei rischi finanziari, dalla mitigazione del rischio reputazionale e dall’impulso proveniente dal contesto normativo di riferimento. “L’81% delle partecipanti all’indagine include nella propria offerta prodotti classificati come artt. 8 o 9 ai sensi della Sustainable finance disclosure regulation e le politiche d’investimento sostenibile vengono applicate mediante diverse strategie Sri”, spiega Arianna Lovera, senior programme officer del Forum per la finanza sostenibile. “Le più diffuse sono esclusioni (con particolare riferimento ai settori delle armi non convenzionali, del carbone e del tabacco) e impact investing. Meno rilevante l’engagement, adottato da 10 società di cui otto hanno definito una politica di azionariato attiva”.
Quanto alla lotta al cambiamento climatico e alla transizione net zero, emerge un ampio ricorso alla misurazione dell’impronta carbonica (per 14 compagnie assicurative, mentre tre hanno avviato valutazioni in merito), principalmente per identificare le azioni necessarie a ridurre le emissioni associate agli investimenti. “Abbiamo poi chiesto alle intervistate se facessero esplicito riferimento agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sdgs) all’interno della politica d’investimento”, continua Lovera. “Dall’indagine emerge che questi ultimi sono citati esplicitamente da 9 rispondenti su 21 mentre 8 stanno valutando di farlo in futuro”. Gli Sdgs più citati sono l’Sdg 13 (lotta contro il cambiamento climatico, menzionato da otto rispondenti), l’Sdg 3 (salute e benessere, menzionato da sette rispondenti), l’Sdg 6 (lavoro dignitoso e crescita economica, menzionato da sei rispondenti) e infine l’Sdg 5 (parità di genere) e l’Sdg 10 (ridurre le diseguaglianze) menzionati rispettivamente da cinque rispondenti.
Le attività di sottoscrizione dei rischi
In questo contesto, interviene Isabel Reuss (senior climate and social advisor del Forum per la finanza sostenibile), la quasi totalità delle compagnie o dei gruppi assicurativi coinvolti ha già incluso i criteri Esg nell’offerta di prodotti assicurativi diversi dai prodotti d’investimento o ha avviato valutazioni in merito. “Per due motivazioni”, precisa. “Per mitigare il rischio reputazionale e per l’impulso proveniente dal contesto normativo”. L’inclusione dei criteri di sostenibilità avviene attraverso la limitazione dell’offerta di prodotti assicurativi per le attività con un’elevata exposure ai rischi Esg (come tabacco e gas) ma anche la definizione di prodotti specifici per favorire l’inclusione assicurativa e l’offerta di prodotti assicurativi con requisiti premiali per le attività esposte a bassi rischi Esg.
Come integrano l’Esg nella governance
I criteri Esg, infine, vengono integrati in larga misura anche negli organi di governance delle compagnie di assicurazione. Un’integrazione, precisa Alessandra Diotallevi (responsabile coordinamento attività regolamentari e responsabile servizio bilanci e sostenibilità di Ania), che prende la forma di comitati e funzioni dedicate all’interno dell’organizzazione aziendale nella maggior parte dei casi a diretto riporto delle funzioni apicali (per cinque rispondenti), dell’area comunicazione (per due rispondenti) e dell’area finanza (per altre due). “Con nostro piacere abbiamo evidenziato un’elevata diffusione dell’integrazione degli indicatori di sostenibilità nella politica di remunerazione, qualitativi in sette casi, sia qualitativi che quantitativi in sei casi o solo quantitativi in quattro casi”, sottolinea Diotallevi. “Non ci stupisce il fatto che i ruoli cui si applicano questi indicatori siano ruoli apicali in quanto principali destinatari della quota variabile della remunerazione, quali amministratori delegati (per 14 rispondenti su 21) e dirigenti (sempre per 14 rispondenti su 21)”.
L’importanza della “S” per le assicurazioni
“È interessante notare un’attenzione alla parte sociale, evidenziata dal fatto che in riferimento agli Sdgs le rispondenti abbiano citato tematiche come la salute, il benessere e la parità di genere”, commenta Arianna Magni, head of institutional and international business development di Etica Sgr. “È vero che soprattutto dopo la pandemia i temi della lotta al cambiamento climatico siano in cima alle agende di tutti i governi, ma se vogliamo davvero indirizzare le nostre risorse verso un’economia sana e inclusiva non possiamo tralasciare la dimensione sociale, finora trascurata”. Un passaggio, interviene Virginia Antonini (head of sustainability and corporate communication di Reale Group), che pone gli operatori del settore dinanzi a una sfida. “La S rischia di rimanere nell’ombra, in quanto meno quantificabile della E e meno impattante della G”, avverte Antonini. “È un qualcosa di difficile da quantificare perché bisogna valutare l’impatto sulla vita delle persone. Ma non è l’unica criticità che compagnie e gruppi assicurativi si trovano ad affrontare. Tra queste, l’assenza di una base dati che consenta loro di mappare la catena del valore come richiesto dalla normativa europea ma anche la difficoltà di innovazione. Dobbiamo scavare nei nostri 200 anni di storia per introdurre questi principi nella mentalità delle persone”.