Le polizze vita a gestione separata sono una stella cadente?

Pieremilio Gadda
Pieremilio Gadda
9.2.2022
Tempo di lettura: 5'
Le polizze vita di ramo I hanno a lungo rappresentato uno strumento molto apprezzato dagli investitori. Ma ora i rendimenti negativi dei titoli di stato ne minacciano la redditività. E il dibattito tra gli operatori si accende

Le attuali e persistenti condizioni di mercato hanno reso via via meno appetibili i ritorni delle polizze di ramo I e minacciano di eroderli ulteriormente

Secondo l’Ivass, negli ultimi cinque anni, gli investimenti in titoli di stato e obbligazioni sono diminuiti dall’85% all’81%. I titoli di stato italiani si sono ridotti dal 51% al 42% e le obbligazioni societarie dal 26% al 24%.

Qualcosa sembra essersi rotto nel meccanismo virtuoso che per molto tempo ha fatto delle gestioni separate un apprezzato strumento di risparmio e investimento, anche grazie all’esenzione delle imposte di successione.

Cosa sono le gestioni separate

Stiamo parlando delle polizze vita di ramo I, contratti assicurativi agganciati a un fondo, nei quali confluiscono i premi dei sottoscrittori, rivalutati di anno in anno in base ai rendimenti ottenuti e il cui patrimonio è, per l’appunto, separato da quello della compagnia. 

In passato, questi prodotti, adatti a investitori con un obiettivo di protezione del capitale, hanno consegnato rendimenti interessanti e relativamente stabili: vale la pena ricordare che, in base alle norme vigenti, i titoli in pancia alla gestione separata sono valorizzati al prezzo d’acquisto, fino a quando non vengono venduti. 

In questo modo, apparentemente, le polizze vita “tradizionali” non risentono delle oscillazioni dei prezzi che invece si manifestano quando si ha in portafoglio un singolo titolo o un fondo. Il risultato è, appunto, una forte stabilità dei rendimenti: una proprietà ulteriormente tutelata da un provvedimento dell’Ivass, l’autorità di vigilanza del settore, che ha introdotto la possibilità per le compagnie di costituire un fondo utili: un serbatoio di profitti entro cui far confluire parte delle plusvalenze realizzate, con funzione di riserva, da spalmare sui risultati della gestione in anni di vacche magre sul piano delle performance.

Quanto rendono le gestioni separate oggi

Nonostante queste caratteristiche virtuose, l’attuale scenario di mercato ha reso via via meno appetibili i ritorni delle polizze di ramo I. Una condizione che non muterà rapidamente, nonostante l’inversione di rotta delle banche centrali.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Ivass, il tasso di rendimento medio delle gestioni separate – al lordo delle commissioni pagate dagli investitori è sceso dal 3,2% del 2016 al 2,6% del 2020. “I tassi di interesse negativi possono compromettere il rendimento delle polizze di ramo I, mettendo a dura prova anche la solvibilità delle compagnie”, avverte Alberto Martini, responsabile Wealth management di Banca Mediolanum (nella foto in alto). 

“I titoli con cedole alte vengono sostituiti con strumenti meno redditizi o che hanno un diverso profilo di rischio come corporate bond, private equity/debt, azioni ad alto dividendo. Per realizzare plusvalenze e incrementare il risultato annuale si vendono i titoli acquistati in fasi di mercato caratterizzate da tassi più elevati, ma una volta venduti restano in portafoglio soltanto i titoli acquistati di recente e con tassi più bassi, mentre le plusvalenze vengono accantonate a riserva e distribuite in otto anni”, ricorda Martini.

In cosa investono le polizze vita

Un argomento che trova conferma nei numeri dell’Ivass anche in relazione alla composizione dei portafogli delle gestioni separate: negli ultimi cinque anni, infatti, gli investimenti in titoli di stato e obbligazioni sono diminuiti dall’85% all’81%. I titoli di stato italiani si sono ridotti dal 51% al 42% e le obbligazioni societarie dal 26% al 24%. Contestualmente, il peso delle quote di Oicr è aumentato dall’11% al 16%. 

Secondo Martini, “lo scenario di risalita dei tassi penalizza le gestioni separate, rendendole parzialmente illiquide: i sottoscrittori saranno incoraggiati a disinvestire, innescando vendite massicce di titoli in portafoglio per fronteggiare i riscatti, con potenziali minusvalenze sugli ultimi titoli inseriti nei portafogli che penalizzeranno chi è rimasto”. È d’accordo Massimo Scolari, presidente di Ascofind: “Nelle gestioni separate, nei fatti, non è applicato il principio della separazione dei patrimoni. I rendimenti passati vengono travasati nell'esercizio corrente in modo discrezionale. In assenza del mark to market (valorizzazione ai prezzi di mercato ndr) in pratica, si trasferisce patrimonio dai clienti vecchi ai clienti nuovi. Se il meccanismo si inverte con i riscatti, le conseguenze possono essere dolorose”.

D’altra parte, argomenta il manager di Banca Mediolanum, “le gestioni separate, data l’elevata concentrazione dei portafogli su titoli governativi, espongono i sottoscrittori agli stessi rischi di chi detiene esclusivamente debito pubblico. E il pericolo di trasmissione da rischio del debito sovrano a rischio di insolvenza delle compagnie di assicurazione è molto elevato a causa dell’eccessiva esposizione ai titoli di Stato”.

I rischi delle polizze vita

Sul tema della solvibilità interviene Vito Ferito, responsabile consulenti finanziari di Gamma Capital Markets. “è giusto che i regolatori si pongano il problema di come affrontare potenziali crisi sistemiche in caso di scenari avversi e mi sembra che, dopo Lehman, lo stiano facendo in modo corretto. Il requisito patrimoniale di solvibilità delle società assicurative italiane, a fine 2020, era superiore al 240% dell'indice minimo richiesto dalle autorità. Tale livello è simile a quello di Spagna e Francia, con la Germania che si avvicina al 300%”, osserva Ferito. “Anche gli stress test effettuati di recente da Eiopa, l’autorità europea delle pensioni e delle assicurazioni, ha dato un riscontro positivo”. 

In riferimento ai 12 assicuratori italiani esaminati, l'Ivass ha commentato: nel complesso i risultati “sono in linea con quelli del campione europeo e indicano che il mercato italiano rimarrebbe solvibile anche in presenza di shock particolarmente severi” e “anche a livello nazionale l’effetto dello scenario avverso sulla liquidità del settore non fa emergere criticità”. Un dato confortante, nonostante l’esercizio prendesse in esame ipotesi particolarmente negative, tra cui abbassamento dei tassi di interesse (di gran lunga inferiori a -1% per circa vent'anni), ampliamento degli spread di credito, deterioramento dei mercati obbligazionari, azionari e immobiliari, incremento della frequenza dei riscatti e innalzamento temporaneo della mortalità nei portafogli vita. “Sono fiducioso sulla tenuta del sistema”, conclude Ferito.

Il ruolo delle polizze in un portafoglio d’investimento

Rimane in ogni caso il dato sui rendimenti, la cui traiettoria appare inevitabilmente in discesa. Quindi cosa fare? Questo è il suggerimento di Martini: “Privilegiare le gestioni separate più "vecchie" e di dimensione ampie, avviando però un programma di decumulo progressivo con un orizzonte massimo di tre o cinque anni, a favore di un reinvestimento graduale in altre classi di attivo”.

 Articolo tratto dal magazine We Wealth di gennaio 2022

Direttore del magazine We wealth direttore editoriale della redazione di We Wealth. Nato a Brescia, giornalista professionista, è laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. Nel passato ha coordinato la redazione di Forbes Italia e Collabora anche con l’Economia del Corriere della Sera e Milano Finanza.

Cosa vorresti fare?