La convivenza rende difficile comprendere il motivo e l’animo che ha spinto un soggetto a effettuare elargizioni a favore dell’altro
In certe circostanze l’elemento della convivenza esclude la configurabilità della donazione
Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione, n. 18814 del 2023, si sofferma sul tema della donazione, in particolare affrontando il caso di somme elargite, nel corso del tempo, da parte della madre alla figlia convivente.
Ad avviso della Corte, non possono essere considerate vere e proprie donazioni le elargizioni effettuate tra madre e figlia convivente. Queste, infatti, devono essere valorizzate come conferimenti vicendevoli.
Ad avviso della Corte, infatti, in certe circostanze l’elemento della convivenza esclude la configurabilità della donazione.
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Lesione di legittima e obbligo di collazione
In caso di asserita lesione della quota di legittima, ed ai fini dell’obbligo di collazione tra i soggetti indicati dall’art. 737 c.c., come in caso di esercizio dell’azione di riduzione verso il coerede donatario, rilevano le donazioni (dirette e indirette) fatte in vita dal de cuius.
Tuttavia, non sono soggette a collazione le spese di mantenimento, di educazione, quelle sostenute per malattia, quelle ordinarie per abbigliamento o per le nozze o le liberalità d’uso.
Il presupposto dell’obbligo di collazione, osserva la Corte, è che il coerede ad esso tenuto abbia ricevuto beni o diritti a titolo di liberalità dal de cuius, direttamente o indirettamente, tramite esborsi effettuati da quest’ultimo.
Sono, invece, soggette a colazione le donazioni di modico valore fatte da un genitore ad un figlio, spiegano i giudici della Suprema Corte, non operando al riguardo la limitazione della collazione prevista per il coniuge ex art. 738 c.c.
L’orientamento della Corte
Non sono soggette a collazione o riduzione a tutela della quota riservata ai legittimari le attribuzioni o elargizioni patrimoniali senza corrispettivo, operate a favore di persona convivente.
Più nel dettaglio, osserva la Corte, questo aspetto emerge quando non sia accertato se queste elargizioni siano state effettuate a favore del figlio convivente con uno spirito di liberalità e cioè con la consapevole determinazione dell’arricchimento del beneficiario e non, invece, per adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza.
La convivenza, in buona sostanza, rende difficile comprendere il motivo e l’animo che ha spinto un soggetto a effettuare elargizioni all’altro: per un verso potrebbe trattarsi di donazione, per un altro, infatti, osserva la Corte, propendendo per questa linea interpretativa, potrebbe trattarsi dell’adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale.
La convivenza prolungata dunque rende evanescente o più difficoltoso individuare lo spirito di liberalità, necessario ai fini della configurazione della donazione.