Il tema delicato dei riscatti, che resteranno congelati almeno fino al 30 giugno ha spinto il Codacons a immaginare che si possa arrivare a soluzioni alternative. Opzioni nelle quali non tutto l’investimento riscattato potrebbe essere liquidato immediatamente in cash
“All’ultima persona che ci ha raccontato la sua storia è stato raccomandato, presso una piccola banca, di investire il 100% dei suoi risparmi su una polizza Eurovita”. E’ una storia drammatica quella raccontata a We Wealth dall’avvocato del Codacons, Gianluca di Ascenzo, che ha personalmente ricevuto uno dei tanti risparmiatori che oggi sono in difficoltà in seguito alla crisi della compagnia assicurativa. La vicenda in questione è iniziata con un investimento nel lontano 2007, prima che si potesse immaginare ogni valutazione su specifiche difficoltà di Eurovita. La diffusione dei prodotti assicurativi della compagnia, però, è stata molto ampia e oggi si stima che circa 350mila persone siano coinvolte nel congelamento dei riscatti, vedendosi preclusa la possibilità di recuperare le somme assicurate.
Lo scorso 27 aprile le organizzazioni dei consumatori hanno incontrato l’Autorità di vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) per ottenere informazioni sulla situazione. Il tema delicato dei riscatti, che resteranno congelati almeno fino al 30 giugno (e, secondo le ultime indiscrezioni di stampa, probabilmente anche oltre) ha spinto il Codacons a immaginare che si possa arrivare a soluzioni alternative. Opzioni nelle quali non tutto l’investimento riscattato potrebbe essere liquidato immediatamente in cash: “La speranza è in una soluzione transattiva che, sulla base esperienza passato, garantisca nell’immediato una parte del riscatto e l’altra parte in altri prodotti finanziari non immediatamente liquidabili”, ha dichiarato di Ascenzo. Si tratta di un’ipotesi che circola mentre si susseguono le voci sul possibile spezzatino di Eurovita, tramite l’acquisto di diversi rami della società da parte di alcune delle maggiori istituzioni finanziarie italiane (Intesa Vita, Poste, Allianz, Generali, Unipol, secondo quello che scrive il Sole 24 Ore). In ogni caso, c’è fiducia sul fatto che, con modalità ancora da definire, verrà garantita la protezione del capitale e delle prestazioni per le polizze di ramo I in possesso dei sottoscrittori di Eurovita.
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Eurovita, quali responsabilità sono dei distributori?
Secondo di Ascenzo, quando si parla di Eurovita è difficile non affrontare il tema della rete distributiva e della possibile influenza che possa aver avuto la struttura di incentivi per spingere alcuni clienti verso una compagnia i cui coefficienti di solidità non brillavano già da qualche tempo. Nel valutare le singole responsabilità, il Codacons intende ascoltare le storie dei risparmiatori, per capire in quante circostanze alcune regole basilari della diversificazione o della gestione del rischio siano state violate come nell’esempio, eclatante, citato dall’avvocato di Ascenzo. “Quella di Eurovita è una storia di risparmio tradito”, dice, “l’alfabetizzazione finanziaria e la mancanza di proattività dei risparmiatori a investire sono difficili da biasimare quando si presentano casi di questo genere”. Tuttavia, di Ascenzo ha smentito che il Codacons stia preparando una class action contro i distributori delle polizze Eurovita per irregolarità nei processi di vendita. Il contenzioso sarebbe aperto, su una partita completamente diversa quella di un eventuale “proposta irricevibile” sulle modalità di rimborso delle polizze, come già indicato in un comunicato del 24 aprile.
Nel frattempo, la federazione dei promotori finanziari Federpromm ha rigettato l’idea che sui consulenti finanziari debbano ricadere le responabilità del management di Eurovita: “Il rapporto fiduciario [con il consulente], consolidato nel tempo, non può compromettersi per mancanza di problemi di solvibilità o di cattiva gestione della compagnia”, ha dichiarato il presidente della federazione, Manlio Marucci, in un comunicato dell’8 maggio.
Che una pressione alla crescita di Eurovita passasse anche da accordi distributivi capillari è un aspetto sottolineato anche da Roberto Cappiello consulente dell’Aduc e financial advisor autonomo: “Tutta questa vicenda è nata dall’attività del fondo di private equity Cinven”, azionista di riferimento di Eurovita, “il cui obiettivo, come avviene di solito per questo genere di fondi, era far crescere velocemente le sua ‘creatura'”.
“Per riuscirci”, ha proseguito Cappiello, “Cinven ha coinvolto banche e reti di promotori offrendo incentivi per collocare i prodotti… ed Eurovita è cresciuta rapidamente”. Un accordo distributivo questo tipo, lo ricordiamo, è perfettamente legale e si inserisce all’interno di regole di trasparenza garantite dalla normativa Mifid. Anche se, proprio in queste settimane, la Commissione europea sta preparando una stretta sugli incentivi alla consulenza finanziaria, assumendo che un giro di vite possa allineare meglio gli interessi del cliente e del distributore di prodotti d’investimento.
Una volta valorizzata la società controllata il fondo di private equity, a quel punto, procede all’incasso tramite la vendita della società. “L’obiettivo del fondo Cinven era arrivare a un valore di 2-300 milioni di euro per questa compagnia ed era in trattativa con JC Flowers & Co per la vendita. Ma evidentemente quest’ultima ha fiutato qualcosa e per qualche motivo si è tirata indietro”. Il resto della storia è noto, con il commissariamento dell’Ivass giustificato da una solidità inferiore ai requisiti e nessun piano credibile per la ricapitalizzazione della compagnia da parte di Cinven.