Intelligenza artificiale e blockchain: focus sulla strategia nazionale

Alessandro Foti
Alessandro Foti
23.12.2021
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In tema digitalizzazione emerge un quadro poco rassicurante per l'Italia, che si posiziona, in base a diversi indici, ben al di sotto delle medie europea e Ocse. Come si sta muovendo il nostro Paese?
Il livello di digitalizzazione di un Paese rappresenta ormai convenzionalmente un indice chiave di valutazione del grado di sviluppo con il quale i governi devono confrontarsi. Non a caso la comunità internazionale (in particolare la Commissione europea e l'Ocse), già da tempo monitora ed esamina i progressi per singolo Stato pubblicandone periodicamente dettagliate analisi come, ad esempio, l'edizione 2021 dell'indice di digitalizzazione dell'economia e della società (Desi) della Commissione europea e l'edizione 2019 del “Measuring the digital transformation, a roadmap for the future”, dell'Ocse.

In termini complessivi, dai dati statistici rilevati dai due organismi internazionali nelle varie pubblicazioni in tema digitalizzazione emerge un quadro poco rassicurante per il nostro Paese che si posiziona, in base a diversi indici, ben al di sotto delle medie europea e Ocse.

Va detto però che, nel corso dei prossimi anni, l'Italia si troverà dinanzi a un'opportunità senza precedenti per scalare la vetta della classifica, grazie alle risorse (191,5 miliardi di euro) del NextGenerationEu (Ngeu), l'ambizioso progetto di ripresa dell'economia europea con stanziamenti complessi, nell'arco del periodo 2021-2027, per oltre 2mila miliardi. La trasformazione digitale è, infatti, una delle sei grandi aree di intervento (pilastri) su cui ciascuno Stato membro dovrà investire con il proprio Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per accedere ai fondi Ngeu, destinandovi almeno il 20% della spesa complessiva per investimenti e riforme.

In questa prospettiva, il nostro Paese sembra muovere nella giusta direzione. La previsione contenuta nel nostro Pnrr alloca al processo di digitalizzazione ben il 27% dell'investimento complessivo dell'intero piano. L'importanza dell'argomento è dunque evidente anche per la centralità che riveste sul piano politico, di sviluppo economico e sociale del Paese, l'elaborazione e l'attuazione di strategie nazionali di transizione al digitale.

In questo contesto, un ruolo sempre più significativo assumono le tecnologie digitali come l'intelligenza artificiale (IA) e i sistemi basati su registri distribuiti (blockchain), settori strategici nei quali il nostro governo dichiaratamente punta ad avere un ruolo di avanguardia in Europa.

A tal fine, nel settembre 2018 tramite il Ministero dello sviluppo economico (Mise) è stato avviato un articolato progetto di elaborazione, da parte di un gruppo esperti selezionato ad hoc, di una strategia nazionale in ciascuna delle due aree tecnologiche da finalizzarsi ad esito di consultazioni pubbliche.
La recente pubblicazione del Programma strategico per l'intelligenza artificiale (IA) 2022-2024 offre lo spunto per tracciare un bilancio sullo stato dell'arte delle strategie adottate dal nostro paese rispetto a queste dirompenti tecnologie.

Blockchain, a che punto è la strategia nazionale?


Sia l'Ocse sia la Commissione europea ripongono grande attenzione a questa tecnologia.
La prima ha istituito nel 2019 il Global blockchain policy centre, che fa capo alla direzione degli affari finanziari e delle imprese e attraverso cui studia la blockchain identificando possibili approcci politici e normativi al fenomeno.
La seconda, tra le varie iniziative, nel febbraio 2020 ha ribadito l'importanza della blockchain inserendola fra le key action nella comunicazione al Parlamento europeo “Shaping Europe's digital future”. La Commissione ha peraltro previsto significativi piani di finanziamento di progetti sul tema tra cui spicca la blockchain “Ebsu” che sarà tenuta in piedi dai 27 paesi (oltre Norvegia e Lichtenstein) dell'European blockchain partnership “Ebp”.

Iniziativa cui l'Italia ha aderito il 27 settembre 2018, a firma dell'allora ministro dello Sviluppo economico (Mise) e del Lavoro, Luigi Di Maio.

Ebbene, nell'anno 2018 sembrava che il nostro Paese non si stesse solo allineando ai progressi fatti da altri Paesi in materia di blockchain ma che, in certi suoi ambiti, potesse addirittura divenirne pioniere.

Ciò principalmente per due ragioni.

La prima riguarda il fatto che in quell'anno con il "decreto Semplificazioni 2019" (art. 8-ter del Dl n. 135/2018) è stata introdotta nel nostro ordinamento una disciplina, per lo più definitoria ma con grande potenziale, delle tecnologie basate sulla blockchain e sugli smart contract. Disciplina, tuttavia, rimasta inapplicata a causa dell'emanazione, mai avvenuta, da parte dell'Agenzia per l'Italia digitale degli standard tecnici che tali tecnologie avrebbero dovuto possedere.

La seconda riguarda proprio la strategia nazionale sulla blockchain.
Nel 2018 il Mise ha avviato un ambizioso progetto che prevedeva la selezione di un gruppo di 30 esperti chiamati a fornire un quadro della situazione identificando in un documento pro e contro dall'introduzione di soluzioni basate su sistemi Blockchain.

Gli esperti hanno quindi elaborato il documento “Proposte per una strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e blockchain” contenente le linee guida per definire una strategia nazionale e gli obiettivi da raggiungere. Tra questi ultimi meritano di essere segnalati:
- l'incremento degli investimenti, pubblici e privati, nella blockchain/Dlt e nelle tecnologie correlate (per esempio, IoT, 5G);
- la maggiore efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione (tramite l'adozione del principio Once-Only e della decentralizzazione);
- la cooperazione europea e internazionale tramite adozione della comune infrastruttura europea da parte dell'Ebsi (European blockchain systems infrastucture);
l'utilizzo della blockchain per favorire la transizione verso modelli di economia circolare, in linea con l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Successivamente il documento è stato posto in consultazione pubblica dal 18 giugno al 20 luglio 2020, periodo al termine del quale il Governo avrebbe dovuto redigere una strategia nazionale in materia di blockchain ma per quanto consta nessun documento è stato a oggi divulgato sugli esiti della consultazione pubblica né sulla strategia nazionale.

Si tratta tuttavia di un ritardo che non pare affatto dovuto a opportunità di natura politica tant'è che il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, allora presidente della Bce, rispondendo ad alcune domande nell'ambito dell'iniziativa #AskDraghi su Twitter, sempre nel 2018, si era mostrato interessato alla tecnologia blockchain definendola “promettente”.

Sarebbe dunque auspicabile che il processo di elaborazione della strategia nazionale si concludesse celermente quantomeno per riallinearsi agli altri Paesi della UE.

A che punto è la strategia nazionale sull'IA?


Sorti parzialmente diverse sono toccate al progetto di definizione della strategia nazionale in materia di IA.
A livello internazionale questa tecnologia è percepita come una componente capace di facilitare il processo di transizione digitale e quindi la ripresa economica.

In quest'ottica numerosi documenti sono stati elaborati dalla comunità internazionale in materia di intelligenza artificiale quali, ad esempio, i “Principi di intelligenza artificiale” dell'Ocse e la proposta di Regolamento per l'IA della Commissione europea (COM(2021) 206 final) fortemente voluta, tra gli altri, dalla presidente Ursula Von der Leyen – nonché parte della più ampia Strategia europea delineata nel “Coordinated plan on artificial intelligence 2021” e nel “Libro bianco sull'intelligenza artificiale” (COM(2020) 65 final).

Tra i documenti più recenti merita di essere menzionato anche l'“AI watch, national strategies on artificial intelligence” del 22 giugno 2021 con il quale la Commissione europea e l'Ocse analizzano le strategie di 28 Paesi dei quali sette, tra cui l'Italia (oltre Romania, Grecia, Irlanda, Croazia, Belgio e Austria), ne risultano totalmente sprovvisti.

Invero, nel caso dell'Italia non è più così.
Risale, infatti, a qualche settimana fa (24 novembre 2021) la pubblicazione nostrana del “Programma strategico per l'intelligenza artificiale (IA) 2022-2024” che da seguito alla consultazione pubblica conclusasi il 31 ottobre 2020.
Dal documento si evince che l'obiettivo è di rafforzare la ricerca e incentivare il trasferimento tecnologico in modo da rendere l'Italia un player internazionale in materia IA e competitivo a livello globale. In questa prospettiva, il Programma individua le aree prioritarie e le politiche di intervento con iniziative dedicate a “talenti e competenze” per la quale sono previste azioni tese ad aumentare il numero di dottorati e attrarre in Italia i migliori ricercatori, sia in ambito di ricerca fondamentale sia applicata. Al tempo stesso, il Programma individua politiche per favorire corsi e carriere nelle materie Stem e per rafforzare le competenze digitali e in materia di IA.

Ulteriore componente di rilievo contenuta nel documento è data dalla previsione di politiche di consolidamento dell'ecosistema di ricerca italiano nell'IA, favorendo le collaborazioni tra il mondo accademico e della ricerca, l'industria, gli enti pubblici e la società. A questa componente si affianca la creazione di un team stabile sull'AI in seno al Comitato interministeriale per la transizione digitale per garantire un'efficace governance, per monitorare lo stato di attuazione della strategia, e per coordinare tutte le iniziative di governo sul tema.

Il Programma prevede poi un'area di intervento focalizzata nella promozione di politiche finalizzare alla diffusione dell'uso di questa tecnologia nelle imprese e nella pubblica amministrazione. Le misure a favore delle imprese hanno lo scopo di supportare la “Transizione 4.0”, favorire la nascita e la crescita di imprese innovative in questo comparto digitale e supportarle nella sperimentazione e certificazione dei prodotti del settore. Gli interventi per la PA sono volti alla creazione di infrastrutture dati per sfruttare in sicurezza il potenziale dei big data generati dalla pubblica amministrazione, alla semplificazione e personalizzazione dell'offerta dei servizi pubblici e all'innovazione delle amministrazioni, tramite il rafforzamento dell'ecosistema GovTech in Italia. Quest'ultima misura, per esempio, prevede l'introduzione di bandi periodici per identificare e supportare le start-up che offrono soluzioni basate sull'AI che possono risolvere problemi critici del settore pubblico.

L'intero Programma di sviluppo della strategia IA dovrebbe essere finanziato con oltre 1 miliardo di euro tra fondi pubblici e contributi privati.

Tutte premesse queste che lasciano davvero ben sperare.

Ora, al di là delle questioni ancora aperte sulle tematiche che si intrecciano inevitabilmente con l'IA (per esempio, privacy, cyber security), sarebbe però opportuno che l'organo esecutivo del Programma strategico si confronti quantomeno con due profili: la coerenza complessiva del Programma con la citata proposta di Regolamento per l'IA della Commissione Ue; la questione della responsabilità civile dei danni derivanti dall'utilizzo dell'IA oltreché più in generale da software (e suoi update). Un profilo quest'ultimo che si innesta nel più ampio contesto delle politiche verdi Ue rilanciate dalla Commissione attraverso una consultazione pubblica (con termine al 10 gennaio 2022) che si pone, tra gli altri, l'obiettivo di allineare la direttiva europea sulla responsabilità da prodotto del 1985 all'economia digitale e circolare e ai progressi tecnologici portati dall'AI e dall'internet delle cose (IoT).

Quali sfide per il futuro?


Se è vero che il livello di digitalizzazione di un Paese è indice rappresentativo del suo grado di sviluppo, altrettanto vero è che le esigenze di sviluppo vanno necessariamente contemperate con quelle di tutela dei diritti, non solo individuali (e.g. privacy), che verrebbero mortificati (più o meno consapevolmente) dalle tecnologie basate su IA e Blockchain. Eventualità questa che potrebbe verificarsi qualora il quadro legislativo nazionale non fosse ispirato ai principi e alle raccomandazioni enunciate a livello internazionale dall'Ocse e dalla Commissione Ue affinché gli interessi dei soggetti coinvolti siano tutelati quali priorità imprescindibili. Tra le priorità non può non menzionarsi la necessità che queste tecnologie da un lato, avvantaggino persone e pianeta favorendo la crescita inclusiva, lo sviluppo sostenibile e il benessere; e dall'altro, che siano progettate in modo tale da rispettare lo stato di diritto, i diritti umani, i valori democratici e la diversità.

Anche di questi profili dovrà tenersi conto quando si tratterà di legiferare e rendere operative le strategie nazionali nel corso dei prossimi anni, durante i quali vale la pena ricordare il nostro Paese potrà cogliere le opportunità senza precedenti derivanti dalle risorse NGEU per sviluppare tecnologie del genere.

Un primo recente passo che muove in questa direzione è lo stanziamento di 45 milioni di euro messi a disposizione con il Fondo per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di IA, dei sistemi basati su Blockchain e IoT, previsto dal decreto attuativo firmato lo scorso 9 dicembre dal Ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti e dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, Daniele Franco. Fondo che ha quale scopo precipuo di promuovere la competitività e la produttività del sistema imprenditoriale del nostro Paese attraverso progetti di ricerca e innovazione tecnologica legati al programma Transizione 4.0. AI e blockchain, in particolare, sono due dei temi strategici per lo sviluppo economico e sociale che nei prossimi anni domineranno la scena politica e i mercati.

L'auspicio è che questa iniziativa possa fungere da volano per il necessario rilancio e lo sviluppo della strategia nazionale non solo per AI e blockchain ma anche per il più complesso processo di digitalizzazione dell'intero Paese.
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Avvocato tributarista senior presso lo studio De Berti-Jacchia in Milano, si occupa della materia sia in ambito nazionale sia internazionale con particolare attenzione a Hnwi e multinazionali altamente digitalizzate, quali quelle operanti nei settori big data, Ai, cloud, cybersecurity, IoT, blockchain.

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