Mi permetto di dare un consiglio: prima di recarsi ai Giardini e all’Arsenale che ospitano la 59 edizione della Biennale può essere interessante fare un salto alla mostra Surrealismo e magia presentata al museo Peggy Guggenheim di Venezia. L’esposizione affronta alcune delle tematiche della Biennale di quest’anno, poste in relazione al movimento surrealista, come l’occulto, la magia, l’alchimia, l’onirico, l’identità di genere, l’inconscio.
Sono 40 opere, tra le quali alcune di notevole interesse, e per noi inedite perché spesso provenienti da collezioni private, quelle delle artiste Remedios Varo, Leonor Fini, Dorothea Tanning e Eleonora Carrington che con un suo testo, tratto da un libro di favole (pubblicato in traduzione da Adelphi nel 2018), offre ispirazione al titolo stesso della Biennale: Il Latte dei Sogni.
Leonor Fini, Chthonian divinity watching over the sleep of a young man
E la Carrington la incontriamo al Guggenheim per ritrovarla con Edith Rimmington, Ithell Colquhoun, Remedios Varo e Eleonor Fini incluse insieme nella capsula “La culla della strega” ai Giardini nel padiglione centrale, in una serie di dipinti «popolati da creature ibride che attraversano specie e stati dell’essere».
Victor Brauner, Helene Smith, Siren of knowledge locks
Al Guggenheim è di grande potenza la piccola tela verticale a firma della Carrington (1939) che reca il ritratto del compagno Max Ernst che indossa un lungo mantello alchemico rosso, ha in mano un alambicco e procede come uno sciamano-eremita in un paesaggio bianco di ghiaccio purificatore. È qui in mostra anche la Vestizione della sposa, più celebre “risposta” di lui a lei datata un anno più tardi (1940).
Max Ernst, Vestizione della sposa, 1940
Nel 1936 i due si conoscono tramite un amico comune, ed è amore a prima vista. Ernst è uno degli esponenti di spicco del movimento, ha quarantasei anni, lei diciannove, e con il suo fascino incarna l’ideale surrealista della femme-enfant. Nel 1937 la Carrington scrive la sua prima short story, “La maison de la peur”, che l’anno successivo viene pubblicata, arricchita da un’introduzione e da sette collages di Ernst.
Leonora Carrington, Ritratto di Max Ernst, 1939
La maggior parte dei racconti scritti negli anni quaranta, vedono protagoniste figure femminili dall’identità biologica e sessuale incerta, in cui convivono tratti umani e animali; sono giovani solitarie e trasgressive che vivono fuori del contesto sociale e rifiutano di assoggettarsi alle sue regole, preferendo la compagnia degli animali a quella dei propri simili. Ai Giardini nel padiglione centrale, tra gli altri, spicca il dipinto con la figura di donna uccello: si tratta di “Portrait of the Late Mrs Partridge”, una tavola del 1947 alta circa un metro.
Leonora Carrington, Portrait of the Late Mrs Partridge, 1947. Olio su tela, 100,3 × 69,9 cm
Nell’estate del 1942 Leonora lascia New York per trasferirsi a Città del Messico. Come lei, altri surrealisti si trasferiscono in Messico. Fra questi, Benjamin Péret con la moglie Remedios Varo, che diventa sua amica intima. Remedios, in compagnia della Carrington dipinge, sperimenta pozioni magiche e condivide l’interesse per gli studi a tema esoterico e alchemico. La Varo alle influenze del movimento surrealista, aggiunge una grande accuratezza tecnica (abilità che aveva acquisito nel corso dei suoi studi) ed una minuziosa attenzione ai particolari sia dal punto di vista simbolico che pittorico.
Al Guggenheim è presente in particolare con “Nutrimento celeste” il dipinto su masonite in cui una figura femminile imbocca una luna, ancora a falcetto, con polvere di stelle.
Remedios Varo, Nutrimento celeste
E ai Giardini la Varo è rappresentata tra le altre opere, da “Simpatía (La rabia del gato)”, grande olio su masonite con una figura e un gatto in un interno ipersensibili e collegati al soffitto – e ad un’altra realtà – da sottili raggi luminosi.
Remedios Varo, Simpatía (La rabia del gato), 1955. Olio su masonite, 95.9 × 85.1 cm
Certo non appena fuori dal padiglione centrale ci viene incontro con grande impatto l’installazione dell’Ucraina con la grande piramide di Sacchi circondata da pilastri in legno bruciati dal fuoco a lato del muto padiglione vuoto della Russia e il “nuovo” reale ha la forza di un pugno nello stomaco.