McKinsey: “L’intelligenza artificiale generativa può svolgere diverse funzioni all’interno delle organizzazioni, tra cui classificare, modificare, riassumere, rispondere a domande e redigere nuovi contenuti. Ognuna di esse ha il potenziale per creare valore”
Un analista che si occupa di rilevamento delle frodi, per esempio, può inserire le descrizioni delle transazioni e i documenti dei clienti in uno strumento di intelligenza artificiale generativa chiedendogli di identificare le transazioni fraudolente
ChatGpt, l’ormai noto modello innovativo di chatbot lanciato da OpenAi, ha raggiunto 100 milioni di utenti attivi in soli due mesi. Ha democratizzato l’intelligenza artificiale, registrando la crescita più rapida di sempre nella storia delle app. Mentre continua a evolversi a velocità record, i ceo iniziano comprensibilmente a domandarsi: si tratta soltanto di un’illusione tecnologica o di un’opportunità capace di cambiare le carte in tavola? E se sì, in che modo? Gli esperti di McKinsey, in un’analisi dal titolo What every ceo should know about generative Ai, hanno identificato 10 esempi di applicazioni pratiche in azienda, in grado di migliorarne l’efficienza organizzativa.
Intelligenza artificiale: 10 applicazioni pratiche
“Ci concentriamo sui modi in cui l’intelligenza artificiale generativa può migliorare il lavoro, piuttosto che su come può sostituire il ruolo degli esseri umani”, scrive la società internazionale di consulenza manageriale. “L’Ai generativa può svolgere diverse funzioni all’interno delle organizzazioni, tra cui classificare, modificare, riassumere, rispondere a domande e redigere nuovi contenuti. Ognuna di queste ha il potenziale per creare valore”. Partendo dalla prima funzione, ovvero classificare, un analista che si occupa di rilevamento delle frodi può inserire le descrizioni delle transazioni e i documenti dei clienti in uno strumento di intelligenza artificiale generativa chiedendogli di identificare le transazioni fraudolente, per esempio; oppure un responsabile dell’assistenza clienti può utilizzare tale tecnologia per classificare i file audio delle chiamate dei clienti in base al livello di soddisfazione degli stessi.
Un copywriter, invece, può usufruirne per correggere la grammatica o convertire un articolo in base alla “voce” del brand (o “brand voice” in inglese), ovvero i tratti distintivi dal punto di vista verbale e comunicativo che esprimono personalità e valori di un brand. Un graphic designer, sempre nell’ambito della funzione di modifica, può chiedere all’intelligenza artificiale generativa di rimuovere un logo obsoleto da un’immagine. Un assistente di produzione può creare un video di presentazione, invitando quello che viene definito come “più di un chatbot” dagli esperti a riassumere ore di filmati di un determinato evento; allo stesso modo un analista aziendale può creare un diagramma di Venn che riassume i punti chiave della presentazione di un dirigente.
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I dipendenti di una società manifatturiera possono porre a un “esperto virtuale” basato sull’intelligenza artificiale generativa domande tecniche sulle procedure operative, mentre un consumatore (e dunque un potenziale cliente di un’azienda) può richiedere a un chatbot come montare un nuovo mobile. Uno sviluppatore di software può chiedere all’Ai generativa di creare intere linee di codice o di suggerire modi per completare linee parziali di codice esistente, mentre un responsabile marketing può usarla per redigere varie versioni di messaggi per una campagna.
Intelligenza artificiale: i rischi da conoscere
“Con l’evoluzione e la maturazione della tecnologia, questi tipi di Ai generativa possono essere sempre più integrati nei flussi di lavoro aziendali per automatizzare le attività ed eseguire direttamente azioni specifiche (come l’invio automatico di note di riepilogo al termine delle riunioni)”, spiegano gli esperti. Ma bisogna tutelarsi da una serie di rischi, avvertono, non solo per soddisfare requisiti normativi in rapida evoluzione ma anche per guadagnare la fiducia digitale dei consumatori. I modelli di intelligenza artificiale generativa, per esempio, possono generare pregiudizi algoritmici (in termini di equità di genere) o violare materiali protetti da copyright, marchi o brevetti. Inoltre, potrebbero essere utilizzati per accelerare la velocità degli attacchi informatici o per veicolare risultati potenzialmente dannosi per gli utenti finali.
Ceo: come introdurre l’Ai generativa in azienda
Quali strategie dovrebbe tenere a mente un ceo, in definitiva? “Molte organizzazioni hanno iniziato a esplorare le possibilità dell’intelligenza artificiale tradizionale attraverso esperimenti isolati. L’intelligenza artificiale generativa richiede un approccio più coordinato”, suggeriscono gli esperti di McKinsey. “A tal fine, si consiglia di riunire un gruppo interfunzionale di leader (per esempio esperti di ingegneria, fiscalità, cybersicurezza, marketing o design) che possa aiutare non solo a identificare i casi d’uso a maggior valore ma anche consentire un’implementazione coordinata e sicura in tutta l’organizzazione”. Inoltre, continuano gli esperti, un amministratore delegato dovrebbe rivolgersi al proprio chief technology officer per stabilire se l’azienda dispone delle capacità tecniche necessarie in termini di sistemi di dati, strumenti e accesso ai modelli. E infine, lavorare affinché la propria azienda tenga il passo dell’innovazione tecnologica. Mostrando internamente, ai propri dipendenti, come può influire sul processo operativo, in modo che possano testarla prima di passare alle applicazioni pratiche rivolte ai clienti.