Oggi, meno di un consulente finanziario su dieci utilizza già l’Ia, una percentuale che sale dal 9 al 17% se si restringe il campo ai cf con maggiori masse in gestione.
Per il 75% dei consulenti il principale vantaggio dell’Ia sarà l’ottimizzazione dei tempi, mentre la possibilità di abbattere i costi conterà molto meno
Per la maggioranza dei consulenti finanziari l’intelligenza artificiale servirà per velocizzare alcuni processi e liberare più tempo per la relazione con i clienti e attività importanti, non tanto per ridurre i costi del servizio. “Ricordiamolo: ChatGpt non ha passato l’esame Efpa Esg”, ha dichiarato Nicola Ronchetti, founder and Ceo di Finer Finance Explorer, nel presentare un nuovo sondaggio sulla percezione dell’Ia da parte di consulenti e investitori. Il timore che si sta diffondendo fra i consulenti non è tanto quello di poter essere rimpiazzati dall’intelligenza artificiale, ma “che le altre reti possano usare l’Ia prima e meglio”, ha dichiarato Ronchetti in una tavola rotonda della cornice dell’Efpa Italia meeting 2023. La corsa all’adozione di questa tecnologia e al raggiungimento di maggiori livelli di produttività, dunque, è già iniziata. Anche se, ad oggi, meno di un consulente finanziario su dieci utilizza già l’Ia, una percentuale che sale dal 9 al 17% se si restringe il campo ai cf con maggiori masse in gestione.
Intelligenza artificiale, ma per farci che cosa
Il maggior vantaggio percepito dall’implementazione dell’Ia, secondo il campione sondato nella ricerca Finer, è l’ottimizzazione dei tempi (lo ha affermato il 75%) e la maggiore efficienza delle relazioni (54%). Per i consulenti caratterizzati da portafogli più consistenti, l’aiuto principale apportato dall’Ia sarà, invece, il maggior tempo a disposizione per le “attività importanti” (81%). La possibilità di ridurre i costi è, per entrambi i gruppi di advisor, un aspetto meno rilevante: viene citato dal 32 e dal 17% degli intervistati, rispettivamente. Anche gli investitori finali non si aspettano di vedere una grande riduzione dei costi della consulenza per merito dell’Ia: lo crede solo il 19% degli Hnwi e il 32% degli investitori under 30. Per gli investitori più patrimonializzati, l’attesa (e forse anche la speranza) è quella di vedere un miglioramento delle relazioni con il proprio consulente (77%).
Un po’ a sorpresa, dalla ricerca è venuto fuori che l’investitore Hnwi è quello che già, oggi, usa di più l’intelligenza artificiale per cercare informazioni sugli investimenti: lo fa il 37% di questo segmento, contro il 25% degli investitori under 30 intervistati. Per i consulenti finanziari, l’uso di strumenti come ChatGpt è confinato a richieste di informazioni generiche (49%) e a usarlo per cercare informazioni di tipo finanziario è solo il 16% – fra i cf dal portafoglio di maggiori dimensioni il dato scende all’11%.
“Il rischio principale? Quello di usare l’Ia su temi che non si conoscono: in quel caso non si può capire se è il risultato fornito è corretto. Per un consulente portare quei materiali davanti a un cliente è pericolosissimo”, ha dichiarato Federico Gerardini, responsabile direzione commerciale di Zurich Bank. “Come stiamo usando l’Ia nella nostra rete? In questo momento, stiamo investendo molto in formazione”, ha aggiunto Gerardini, “a volte incontrando i consulenti c’è la percezione di una minaccia per il proprio lavoro, ma è quanto di più sbagliato si possa pensare: l’Ia può solo essere d’aiuto, sapendo come utilizzarla”.
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L’arte di interrogare ChatGpt
La capacità di fare domande nel modo giusto a strumenti come ChatGpt è già diventato un mestiere, il prompt engineer, ha sottolineato il professor Enrico Maria Cervellati, esperto di finanza comportamentale. Una delle maggiori minacce legate all’uso dell’Ia, secondo Cervellati, è che questa potrebbe amplificare il fenomeno noto come “bias di conferma”, il condizionamento che porta a dare “più peso ai dati che confermano il nostro punto di vista: nell’usare questi strumenti questo bias potrebbe peggiorare”, ha affermato Cervellati, “per questo è importante inserire i prompt giusti, guidare l’Ia con i propri comandi”.
L’ingresso di più giovani nelle reti di consulenza finanziaria, la cui età media supera ampiamente i 50 anni, è un fattore importante anche per aiutare i professionisti a fare un uso più efficace dei nuovi strumenti tecnologici, ha concluso Gerardini: “I giovani sono fondamentali per due motivi, perché hanno una conoscenza delle tecnologie più elevata, con una maggiore facilità di apprendimento dei nuovi strumenti; poi, perché parlano la lingua dei figli dei nostri clienti”. Un fattore che potrebbe essere importante per mantenere un legame anche quando il portafoglio dei padri sarà ereditato dalla nuova generazione.