Diversificare puntando sulle eccellenze italiane

Titta Ferraro
21.4.2023
Tempo di lettura: 3'
I PIR alternativi sono uno strumento che avvicina il risparmio privato alle eccellenze produttive italiane e non solo. Daniele Colantonio, Partner e Responsabile Sviluppo Prodotti di Anthilia Sgr, spiega i vantaggi di diversificare sull’economia reale con focus su realtà con forte vocazione all’export

Quando si parla dei cosiddetti “PIR alternativi”, introdotti nel 2020 dal legislatore con l’obiettivo di indirizzare risorse private verso le Pmi non quotate, spesso si rischia di guardare tali strumenti con occhio miope focalizzando l’attenzione solo sui vantaggi fiscali, una leva certamente importante ma non l’unica. Posizionarsi su realtà italiane in forte crescita conferisce al portafoglio un valore diverso, slegato in parte dalle turbolenze dei mercati. Insieme a Daniele Colantonio, Partner e Responsabile Sviluppo Prodotti di Anthilia Sgr, abbiamo approfondito le peculiarità di un investimento che guarda alle eccellenze del made in Italy analizzando anche le principali caratteristiche del nuovo fondo d’investimento alternativo Anthilia MUST che investe direttamente il 70% del portafoglio sulle eccellenze produttive italiane ed il restante 30% su mercati globali attraverso fondi gestiti da BlackRock. 

Perché ha senso oggi posizionarsi con convinzione sull’economia reale italiana e sulle Pmi in particolare?

Investire nell’economia reale vuol dire sostanzialmente puntare sugli imprenditori che hanno contribuito a costruire un Paese che rappresenta la seconda manifattura a livello europeo, leader in settori quali la meccanica di precisione, il food, il turismo e tante altre filiere collegate ai diversi centri di eccellenza sul territorio. La differenza tra mercati quotati e l’economia reale consiste nel diverso perimetro di aziende ed imprenditori target, si tratta di aziende produttive meno “sotto i riflettori” rispetto alle realtà quotate, ma altrettanto specializzate, che in molti casi “primeggiano” in nicchie di mercato con una quota export importante. Se investire vuol dire cercare valore dando all’imprenditore la fiducia che merita, gli investimenti in economia reale realizzano appieno questa declinazione. 

Quali i tratti distintivi di andare su realtà non quotate?

Investire nei grandi mercati globali non assicura un “guscio” di protezione dalle turbolenze globali, anzi. Investire su un’impresa ed un imprenditore della provincia italiana non necessariamente espone a tali turbolenze e conferisce al portafoglio qualcosa di nuovo, di diverso. Il successo di prodotti come i PIR alternativi nasce dall’esigenza di integrare la cultura dell’investitore e offrire un’ulteriore opportunità. Il portafoglio oggi va costruito diversificando non soltanto per asset class, ma anche per orizzonte temporale. L’investitore deve comprendere che bisogna guardare a orizzonti temporali più lunghi, un’ottica di tipo industriale più che finanziaria, che gli imprenditori tra l’altro conoscono bene. Un altro aspetto importante è rappresentato dal fatto che se la realtà aziendale non è quotata, non è conosciuta da grandi investitori e analisti, quindi è più facile andare a scovare realtà a valutazioni più convenienti. Un player piccolo può diventare 10 volte più grande, molto più difficile che accada per un player già affermato/quotato.

C’è anche un tema di accesso a un mercato altrimenti difficile da raggiungere per gli investitori privati

Il nostro Anthilia MUST è un FIA chiuso non riservato con una soglia d’ingresso di 10 mila euro. Si tratta di una soluzione che permette ad un’ampia platea di risparmiatori privati di avvicinarsi ad investimenti difficilmente accessibili stand alone, con rendimenti esentasse che l’investitore non potrebbe ottenere attraverso altre soluzioni di investimento. Il fondo investe in tre categorie di attivo principali (azionario, credito e beni reali). A regime ci aspettiamo un portafoglio molto diversificato: tra le 30 e 40 società sulla parte equity Italia, una ventina di titoli sul debito, mentre sulla parte global un ampio numero di sottostanti attraverso fondi specializzati.

Nel complesso Anthilia MUST offrirà tra i 100 e i 200 titoli sottostanti ed una esposizione media a singola società tra lo 0,2% e l’1,5%. Una grande diversificazione se paragonata ai fondi chiusi “riservati” che possono essere invece molto concentrati con all’interno talvolta anche meno di 10-15 società.

Quali i criteri di selezione per entrare nell’Anthilia Must?

Lato equity il fondo investe in small cap, ovvero imprese italiane leader nei rispettivi settori di riferimento, al primo o al secondo posto della loro nicchia di mercato, che non superano i 500 milioni di euro di fatturato. Come identikit devono essere aziende con alle spalle un imprenditore solido e management credibile; imprese che esprimono innovazione, che spesso vuol dire efficienza nelle modalità in cui erogano servizi e/o beni; elevato potenziale e segmenti di sbocco interessanti, magari con una “killer application” in grado di dare accesso a nuovi mercati. In generale, la Borsa non premia aziende semplicemente “stabili” in termini di ricavi e marginalità, in quanto è la trasformazione che genera valore, la così detta “equity story”, non basta godere di buona salute.

C’è una size minima richiesta?

Nel Debito non guardiamo in genere aziende al di sotto dei 20/30 milioni di euro di fatturato, su Small Cap siamo a minimi leggermente superiori, circa 100-200 mln€ di fatturato. Non è possibile includere startup perché incorporano un tipo di rischio non coerente al prodotto immaginato. Per queste classi di attivo bisogna far riferimento ad altre tipologie di strumenti e veicoli. Le startup, in particolare quelle innovative, sono una realtà molto interessante, ma per un PIR alternativo il focus deve essere diverso, ossia su imprese medio-piccole ad uno stadio più evoluto del ciclo di vita.

Quali differenze nel segmento nel credito

Mentre nel mondo equity quello che guardi è la killer application, ossia il catalyst che cambia lo scenario e l’appetibilità di un’azienda, nel mondo del credito la stella polare è invece la solidità. E’ un ragionamento un po’ più value che growth. La logica è quindi l’affidabilità dell’azienda. Si va pertanto a guardare il rapporto tra posizione finanziaria netta ed ebitda, la quota di oneri finanziari sul flusso di cassa, la quota di posizione finanziaria netta rispetto al patrimonio netto. Fondamentale non scendere al di sotto di certe soglie a livello di ratio patrimoniali.

Il 70% dell’investimento concentrato sull’Italia può sembrare tanto

Quel 70% Italia vuol dire investire su imprenditori italiani che hanno creato “multinazionali tascabili” con quote di export molto elevate. Pertanto, Quel 70% in realtà è quindi pari alla metà e alla fine l’esposizione potrà essere 30/35% Italia e 65/70% estero considerando anche la quota di investimento globale. La presenza di una quota di export importante è anche generalmente una testimonianza di aziende che performano meglio rispetto alla media. Al risparmiatore dico di non confondere la domiciliazione italiana dell’imprenditore con l’italianità del contenuto.

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