I Pir: un prodotto maturo, uno scudo contro l’inflazione

Teresa Scarale
Teresa Scarale
10.5.2022
Tempo di lettura: 4'
Presentati nella prima giornata del Salone del risparmio 2022 i dati dell’ultimo osservatorio Assogestioni sui piani individuali di risparmio. I numeri sono incoraggianti, e dimostrano un mercato perfettamente integrato nell’industria del risparmio gestito

Che nel 2021 si sia rimesso in moto il mercato dei Pir, è noto: la raccolta è stata positiva sia sui piani individuali di risparmio ordinari che sui prodotti alternativi. Lo confermano i numeri dell’osservatorio Pir di Assogestioni, presentato nella giornata inaugurale del Salone del Risparmio 2022 nell’ambito della conferenza “La nuova stagione dei Pir”. I Pir ordinari hanno raccolto lo scorso anno 320 milioni – prodotti azionari per lo più – cifra che fa arrivare le masse cumulate a 21 miliardi. «Si tratta di quasi il 2% delle masse totali dei fondi erogati in Italia», evidenzia Alessandro Rota di Assogestioni. Nello stesso arco di tempo, i Pir alternativi hanno raccolto 1,3 miliardi e raggiunto 1,7 miliardi di dotazione patrimoniale (in 16 prodotti distribuiti). Rota liquida come «crisi adolescenziale» la battuta d’arresto della raccolta nel 2019, affermando che «l’industria ha retto bene l’impatto del Covid». I Pir sono un prodotto che ormai «ha perfetta dignità sul mercato» e i vincoli normativi «sono stati sfruttati in maniera ottimale dai gestori».

È interessante notare che la quota prevalente dei fondi Pir ordinari è investita in azioni italiane (10,6 miliardi); circa 6 miliardi invece sono allocati sulle obbligazioni corporate di emittenti domestiche. Per quanto riguarda la componente azionaria dei portafogli Pir, prevalgono le aziende quotate nel segmento mid cap (4,7 miliardi) e Ftse Mib (4,6 miliardi).

La componente obbligazionaria vede invece prevalere strumenti emessi da aziende appartenente a quest’ultimo segmento (3,9 miliardi). Nel portafoglio azionario la quota di aziende non quotate è minoritaria (solo 76 milioni), mentre per gli strumenti di debito emessi da società non quotate gli investimenti salgono a 1,2 miliardi rappresentando la seconda scelta nei portafogli obbligazionari. Prosegue Rota: «I Pir detengono il 10% del flottante, sono prodotti specializzati nella parte bassa sul mercato. Ciò consente di fornire liquidità a mercati che fino a 5-6 anni fa non ne avevano. A livello di segmento, gli investimenti tramite Pir sono concentrati su consumo e industria». Una focalizzazione «reale» che può essere in grado di battere l’inflazione. «Gli operatori più piccoli tendono a spingere sui segmenti meno liquidi, al contrario i più grandi. Questo comporta una tensione benefica sul mercato».

Luigi de Bellis, co-responsabile per la ricerca di Equita Sim, ribadisce la necessità di «collegare i risparmi ad asset capaci di conservarne il potere d’acquisto». Aggiunge poi: «Quest’anno scadono i primi Pir, lanciati nel 2017. La loro performance è stata molto positiva, a doppia cifra in genere». A chi gli domanda se le nostre pmi presentano ancora delle valutazioni interessanti, de Bellis risponde che «non ci sono oggi particolari criticità, ma uno sconto del 15% rispetto agli ultimi anni. 

Il peso specifico relativo delle piccole e medie imprese è rilevante (segmenti small cap e Euronext Growth Milan – l’ex Aim Italia). L’analisi dei portafogli dei fondi Pir rivela che questi prodotti hanno sistematicamente un maggior peso di titoli small cap e Egm, generalmente poco presenti nei fondi della categoria azionario Italia non conforme alla normativa Pir, invece proiettati sui segmenti mid cap e FTSE Mib. Del resto, «sul finire dello scorso anno i Pir detenevano il 30% di masse riferibili a Ipo concluse nel 2021». Mario Romano, direttore investimenti - Sella Sgr, osserva che il prodotto Pir sta stabilizzando quella parte di mercato delle imprese a capitalizzazione inferiore. 

Circa il 60% degli importi investiti dai Pir nell’Egm è in aziende con fatturato inferiore ai 50 milioni. Il 73% delle somme si riferisce a società con meno di 250 dipendenti. Poco più del 25% degli investimenti dei Pir su imprese Egm è investito in società del settore tech. Seguono le imprese industriali (24%) e i consumi ciclici (12%). Tra gli altri segmenti azionari di Borsa emerge il settore industriale (35%) e quello dei consumi ciclici (23%). 

In generale, la possibilità di accedere ai Pir è un buon biglietto da visita per le imprese a piccola e media capitalizzazione indecise se quotarsi o meno. «Spesso gli imprenditori riconoscono il valore di aprire il cda a elementi esterni, indipendenti, che hanno una visione diversa dalla loro», commenta Elena Ferrarese, head of italian Equities Amundi. Dello stesso avviso è Stefano Colombi, head of investments - Mediolanum Gestione Fondi Sgr. Quello dell’accesso ai mercati dei capitali è un tema molto sentito anche a livello ministeriale, come è ravvisabile dalle parole di Luca Ferraris del Mef, in chiusura di tavola rotonda: «Il contesto sta cambiando. Quello delle quotazioni è un fenomeno che parte da lontano. Siamo nella piena spinta delle evoluzioni tecnologiche. Il mercato dei capitali conserva ruolo centrale, e la competenza dei professionisti che affiancano gli investitori nelle loro scelte è fondamentale».

Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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