Pir: deflussi da 559 milioni, ma tengono gli alternativi

Nel solo terzo trimestre i Pir ordinari hanno visto uscire 330 milioni, mentre le controparti alternative hanno mostrato afflussi da 14,5 milioni
La raccolta dei Piani individuali di risparmio (Pir) ha mostrato due tendenze contrapposte nel terzo trimestre del 2022, come già osservato nel resto dell'anno, con i prodotti alternativi in crescita di 14,5 milioni netti che portano il bilancio a un +250,7 milioni da inizio anno e i Pir ordinari ancora in calo, di 330,3 milioni di euro e un rosso complessivo da 559 milioni da inizio anno. E' quanto emerge dai dati raccolti da Equita nel suo ultimo Pir monitor.
I Pir ordinari nel 2022 hanno potuto beneficiare, relativamente alle prime emissioni, dello sconto fiscale a beneficio di chi li ha mantenuti in portafoglio per cinque anni: questo avrebbe contribuito a incoraggiare le prese di beneficio su questa categoria di fondi, secondo il co-head dell'Ufficio Studi Equita, Luigi De Bellis. Infatti negli ultimi cinque anni il Ftse Italia small-cap, l'indice di riferimento per le Pmi quotate che rappresentano il focus d'investimento dei Pir ordinari ha mostrato una performance del 29%, che sale al 70% se si considera solo il periodo successivo all'inizio del 2019. Considerate le incertezze geopolitiche e i timori di recessione in arrivo, pertanto, gli investitori hanno optato su una postura difensiva, disinvestendo alcune delle posizioni (con il relativo sconto fiscale sulle eventuali plusvalenze).
Nel 2022 il mercato di riferimenti dei Pir è andato incontro a una decisa correzione. Le mid-small cap italiane hanno registrato con calo dei multipli da 15 a 12x nei relativi rapporti prezzo/utili. Secondo Equita, pertanto, “trattano ora su valutazioni particolarmente attraenti e nella parte bassa del range storico, penalizzate nel 2022 maggiormente dal calo della liquidità e incertezza sui mercati”. I multipli attuali, ha aggiunto la Sim, scontano già un potenziale taglio delle stime di utili del 20-25%.
Il panorama delle masse
Alla fine del terzo trimestre le masse gestite dai 64 fondi Pir ordinari monitorati da Assogestioni ammontava a 16,5 miliardi di euro, mentre i Pir alternativi, che sono maggiormente focalizzati su società e investimenti non quotati, restano una nicchia da 2,4 miliardi di euro. “Per il periodo 2023-25 stimiamo 1,5 miliardi di raccolta netta per i PIR ordinari (di cui circa 500 milioni in più nel 2023), mentre per i Pir alternativi ci aspettiamo che possano raggiungere i 10-15 miliardi in gestione in 5 anni”, ha affermato Equita.
Come incoraggiare la raccolta dei Pir
“Per quanto riguarda i PIR alternativi, riteniamo che siano uno strumento fantastico per fornire un supporto di capitale alle PMI sia private che pubbliche. Riteniamo che un rinnovo, per il 2023, del meccanismo di credito d'imposta per coprire le perdite potenziali (o un diverso tipo di credito) sosterrebbe il successo dei PIR Alternativi”, ha afferato De Bellis, “anche in considerazione del fatto che: 1) gli investitori retail apprezzeranno, più che in passato, un incentivo dopo un 2022 molto negativo per i mercati; 2) le complessità operative per il collocamento di questi fondi sono state ormai risolte dalle rete bancarie e quindi la loro azione potrebbe essere molto più efficace rispetto agli anni precedenti”.
Secondo le ultime indiscrezioni il governo sarebbe intenzionato proprio a rinnovare il meccanismo che permette di portare in credito d'imposta le eventuali minusvalenze dei Pir alternativi.
“Sarebbe inoltre auspicabile eliminare l’unicità dei Pir ordinari (come già accade per i Pir alternativi), ossia permettere a ciascuna persona fisica residente in Italia di essere titolare di più di un piano di risparmio a lungo termine in contemporanea”, ha aggiunto il responsabile di Equita.
Fiscalità, vento in poppa per le Ipo delle piccole imprese
La Legge di Bilancio 2023 ha esteso gli incentivi per le Ipo delle Pmi con un credito di imposta (del 50% dei costi di consulenza sostenuti per l’Ipo utilizzabile in compensazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo alla quotazione) con un tetto a 500mila euro (dai 200mila del 2022) e un plafond di 10 milioni nel 2023 e altri 10 nel 2024 (dai € 5 milioni del 2022 e i 30 del 2019-21), ha sottolineato Equita.
“Giudichiamo positivamente la proroga degli incentivi per le Ipo che hanno rappresentato un sostegno fondamentale negli ultimi anni per la raccolta di capitali e quotazioni di Pmi italiane su Euronext Growth Milan”, ha affermato De Bellis, “tuttavia, sarebbe necessario rendere questa misura strutturale, in modo da garantire più visibilità alle aziende che intendono intraprendere un percorso di quotazione”.