Tutti pazzi per le aste, che – diversamente da un tempo – oggi richiamano l’attenzione anche dei collezionisti meno sofisticati. E tuttavia varcare la soglia (anche solo online) di una casa d’asta e partecipare ad una gara può incutere un senso di disagio, in quanto enfatizzare l’esclusività di questo mondo è una soft skill ancora molto utilizzata per aumentare la percezione di valore delle opere offerte.
Di seguito alcune indicazioni, per accostarsi ad un’asta con consapevolezza: suggerimenti per evitare un acquisto incauto o, ancor peggio, di farsi trascinare in un duello “all’ultimo rilancio”.
Di una vendita all’asta, la gara è solo la verifica di mesi di lavoro. Per arrivare all’incanto si parte da lontano: gli specialist che l’organizzano, infatti, devono reperire un’opera di qualità (meglio se “fresh to market”), convincere il proprietario ad alienarla, negoziare con quest’ultimo il prezzo di riserva, condividerne la stima, e molto altro.
Il catalogo d’asta
Particolare attenzione è riservata alla redazione del catalogo d’asta, perché è proprio la consultazione del catalogo che solletica l’interesse dei possibili acquirenti e ne orienta le scelte. Di norma un prodotto è vincente quando si abbina alla forma la sostanza; in questo caso funziona proprio così: ad essere meticolosamente studiati non sono solo la veste grafica, ma anche il contenuto.
I primi lotti, pur non essendo tra i più costosi, sono tuttavia riservati ad opere che si presume incontrino il favore del pubblico, perché “partire male” (con una gara debole o, peggio, con invenduti) potrebbe nuocere anche ai lotti a seguire.
Gli star lot si distribuiscono equamente, disponendoli anche nel secondo e nell’ultimo terzo dell’asta, per evitare il rischio che i partecipanti “escano” dopo le vendite più importanti. Di ogni lotto che sarà esitato sono fornite, secondo il numero d’ordine progressivo, una serie di informazioni: oltre all’immagine dell’opera (per lo meno del fronte), ne saranno indicati l’artista, il titolo, la tecnica e il supporto (es.: olio su tela), le dimensioni (convenzionalmente sempre prima l’altezza che la lunghezza), la data – o il periodo – di esecuzione, la forbice di stima, se è firmata e/o datata, se vi è un’autentica o un certificato di archiviazione, la provenienza (ossia i passaggi di mano, dal più risalente), le pubblicazioni (nel catalogo generale e altrove), le esposizioni, il condition report, e non solo.
Come si legge un catalogo
Ciò detto in termini generali, come “si legge” un catalogo d’asta? Al riguardo valga anzitutto la seguente considerazione: la descrizione a catalogo dell’opera è diversa da quella che della stessa si darebbe da un punto di vista storico-artistico, perché qui si enfatizzano i fattori che ne influenzano il prezzo. Che non di rado è indicato con una stima che al collezionista avveduto può apparire palesemente incongrua: troppo bassa. Ciò è frutto non di un errore, ma, più semplicemente, di una tattica (per attrarre, evidentemente, il maggior numero di bidders), condivisa con il proprietario dell’opera, che – per non svendere – si cautela fissando il prezzo di riserva, che rimane confidenziale.
Se un’offerta non raggiunge il prezzo di riserva (ancorché, per ipotesi, maggiore del valore di stima inferiore), l’opera rimarrà invenduta e disponibile solo in post sale, tramite trattativa privata. Un lotto può essere venduto anche senza riserva (sebbene quest’ipotesi non accada di frequente); in tal caso, ad indicarlo ci sarà un simbolo a catalogo.
I simboli
Chi sfoglia distrattamente un catalogo (cartaceo o online: quest’ultimo più ricco di informazioni, perché spesso pervenute alla casa d’asta quando la versione per la stampa è già stata chiusa) di solito non si cura dei simboli che sono apposti accanto al numero del lotto in questione. É un errore, perché i simboli non vanno assolutamente ignorati.
Alcuni sono indice di restrizioni all’esportazione; altri contengono informazioni ancor più delicate: il rombo, per esempio, suggerisce che la casa d’asta ha un interesse finanziario sull’opera, per effetto di una garanzia “d’incasso”, data al proprietario dalla casa d’asta medesima o, più spesso, da un terzo. Motivo per osservare con maggior prudenza quel lotto, perché è ovvio che, in tal caso, l’imparzialità della casa d’asta può essere messa in discussione.
“Withdrawn”
Accanto ad un lotto in un catalogo online appare la dicitura “withdrawn”? Niente paura. Ciò sta a significare che un lotto è stato ritirato, probabilmente per evitare di “bruciare” l’opera in caso di invenduto, qualora, a ridosso della gara, la stessa non abbia riscosso l’interesse sperato: cartina tornasole è il numero di condition report inviati dalla casa d’asta e, ancor più, la quantità – e “qualità” – delle registrazioni ottenute (per partecipare a un’asta e fare offerte – in sala, live online, per telefono o mezzo di un absentee bid – è infatti necessaria la previa registrazione).
Selezionata l’opera di interesse, su di essa va condotta un’accurata due diligence: legale, storico-artistica e tecnica. I fattori che vengono in rilievo a tal fine sono molteplici e l’ausilio di un esperto indipendente è essenziale.
L’autentica
Che caratura scientifica ha l’autentica che correda l’opera? Quest’ultima è a catalogo generale? In quali altre pubblicazioni di rilievo? In che significative rassegne è stata esposta? Ha provenienze illustri? Quanti passaggi d’asta ha avuto, e quando (non sempre i cataloghi indicano tutti i passaggi)? È stata oggetto di invenduto, e per quale ragione? L’opera ha il telaio coevo? È in prima tela? Ha subito interventi di restauro per cadute di colore? È stata applicata la vernice? Chi, e quando, ha redatto il condition report? I colori a catalogo sono fedeli a quelli reali? Cosa disciplinano le condizioni generali?
Una corretta stima
Di fondamentale importanza, poi, è stimare correttamente l’opera a mezzo di una valutazione indipendente da quella fornita dalla casa d’asta: ciò sia comparando opere simili vendute in asta precedentemente (con tutti i correttivi del caso) sia avvalendosi di informazioni appannaggio solo degli addetti ai lavori (sull’artista vi saranno una retrospettiva o un contratto con una importante galleria ancora non noti ai più?).
Battezzare il giusto prezzo è fondamentale anche per evitare che, nella concitazione della gara o a seguito del nervosismo che l’essere continuamente superati in un’asta a tempo può generare, l’emotività non prenda il sopravvento. Ciò anche perché, oltre al prezzo di martello (hammer price), l’asta reca con sé costi “occulti”: la commissione dovuta dall’acquirente (il buyer premium, che di norma è oltre il 30%), il diritto di seguito, i costi di imballaggio, gli oneri assicurativi, le spese di spedizione, i dazi doganali. Costi che, data l’incidenza, è bene non ignorare.