Fra le pieghe della bozza del ddl di Bilancio presentata dal governo Meloni spunta una possibile agevolazione per il pagamento dell’imposta sul capital gain per le quote detenute in fondi d’investimento Oicr e per alcune polizze assicurative. Si tratta di un affrancamento del valore che permetterebbe di pagare un’aliquota sostitutiva del 14% in luogo di quella ordinaria al 26% per le plusvalenze non ancora realizzate da parte dei sottoscrittori dei fondi. E’ un’opzione liberamente esercitabile dal contribuente dalla quale il governo potrebbe portare in cassa qualche entrata aggiuntiva in anticipo.
Per gli investitori far scattare prima del tempo una tassa sulle plusvalenze, con il premio di un’aliquota più bassa, presenta possibili pro e contro. Di norma, quella sul capital gain è una tassa dovuta nel momento in cui un investimento viene liquidato, di conseguenza, questo può avvenire anche dopo molti anni durante i quali sono stati maturati guadagni non realizzati anche importanti.
In attesa dell’eventuale conferma in sede di approvazione parlamentare, va ricordato che non sarebbe la prima volta che il governo italiano dà la possibilità di “scontare” l’imposta sul capital gain. Era già accaduto nel 2012, quando era stato varato l’aumento della tassa al 20% offrendo la possibilità di “evitare che l’aumento dell’aliquota incida sui redditi maturati antecedentemente” all’entrata in vigore della nuova percentuale. Anche il quel caso, era necessario aderire volontariamente a un prelievo con un’aliquota più bassa.
Cosa prevede la norma
L’articolo della bozza che affronta la materia è il 25, nel quale viene affermato che i redditi da capitale e i redditi diversi di natura finanziaria “derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio si considerano realizzati a condizione che, su richiesta del contribuente, sia assoggettata ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento”. L’imposta sarebbe dunque calcolata sulla base della differenza fra il valore d’acquisto e quello che le quote in questione avranno raggiunto il 31 dicembre del 2022. Esercitando l’opzione, l’imposta sul capital gain futura non sarebbe più calcolata dal momento dell’acquisto, ma da quello dell’affrancamento.
L’investitore che volesse approfittare di questa opportunità dovrà segnalarlo “all’intermediario presso il quale è intrattenuto il rapporto di custodia, amministrazione, gestione di portafogli o altro stabile rapporto entro il 30 giugno 2023”.
Un meccanismo analogo, verrebbe offerto anche ai sottoscrittori di polizze assicurative vita di ramo I e V, applicando l’aliquota sostitutiva sulla “differenza tra il valore della riserva matematica alla data del 31 dicembre 2022 e i premi versati”. Rispetto a quanto avviene nel caso delle quote dei fondi Oicr viene previsto qualche paletto in più:
- L’imposta sostitutiva non è compensabile con il credito di imposta
- I contratti assicurativi per i quali è esercitata l’opzione non possono essere riscattati prima del 1° gennaio 2025.
- Infine, sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni precedenti i contratti di assicurazione la cui scadenza è prevista entro il 31 dicembre 2024.”
Un’opzione che conviene?
Escludendo casi particolari (cambi di residenza fiscale) la convenienza o meno del pagamento anticipato dipende dal momento in cui l’individuo decide di liquidare le quote e dal (poco prevedibile) andamento del mercato. Se in seguito al 31 dicembre 2022, data sulla base della quale viene pagata l’aliquota agevolata, l’investitore decidesse di disinvestire in un contesto di ribasso di mercato in quel caso il fatto di aver pagato in anticipo la tassa si sarebbe rivelato meno conveniente o, a seconda della gravità del ribasso, controproducente. Semplificando, può rivelarsi più conveniente pagare esclusivamente la tassa al 26% se tale aliquota si applica su una cifra più piccola rispetto al valore di fine 2022.
E’ il caso opposto, invece, qualora si andasse a disinvestire con quote che, sulla spinta del mercato, avranno raggiunto un maggior valore rispetto a quello di fine 2022. Il rebus non può essere risolto con una soluzione valida per tutti, perché non è possibile calcolare quale sarà l’andamento dei propri investimenti nel momento in cui il singolo investitore deciderà di liquidarli.