Tra i benefici fiscali legati alla disciplina dei Pir si segnala l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia mantenuto nel fondo per almeno 5 anni
I Pir sono strumenti che consentono agli investitori di godere di vantaggi fiscali
Pir: prospettive e criticità
Secondo i più recenti dati trasmessi da Assogestioni, nell’ambito della revisione trimestrale di maggio 2023, quanto alla raccolta PIR ordinari si sono registrati deflussi per 779 milioni di euro. Diversa sorte invece per i PIR alternativi i quali hanno registrato afflussi per 58 milioni di euro.
Più nel dettaglio, in termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,8 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata rispetto al 4° trimestre e al 3° trimestre del 2022, quando la raccolta netta era stata rispettivamente di -368 milioni di euro e -330 milioni di euro.
Per quanto riguarda i PIR alternativi, gli afflussi nel 1° trimestre ‘23 sono stati pari a 58 milioni di euro, invertendo il trend negativo del 4° trimestre ‘22 (-9 milioni di euro).
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Le caratteristiche del Pir 3.0.
Come messo in evidenza da un report elaborato da Intermonte, è bene ricordare che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti:
- almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia
- il 17,5% del totale del fondo deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia)
- è previsto un investimento minimo obbligatorio pari al 3,5% del fondo totale in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID.
L’obiettivo della disciplina su elencata, alla luce delle novità del regolamento, consiste nel favorire la convergenza dei flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori.
Ma non è tutto. Tra le novità della normativa da ultimo implementata per il mondo Pir si evidenzia la possibilità per i fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR.
I benefici fiscali legati ai Pir
Come chiarito dall’Agenzia delle entrate nella Circolare n. 19/E 2021, e poi come ripreso nelle risposte a interpello n. 382 e 383 del 2023, è previsto un regime di non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi, dei redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, derivanti da determinati investimenti (cd. ”investimenti qualificati”) operati tramite piani di investimento del risparmio a lungo termine (cd. ”PIR”) effettuati nel rispetto di determinate caratteristiche espressamente previste dalla normativa (vincoli e divieti di investimento) (cd. regime PIR).
Trattasi di una disciplina fiscale diretta a favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso
- gli investimenti in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali, italiane ed europee, radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario.
Il beneficio fiscale riguarda anche l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.
Il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt.
Le previsioni per i PIR ordinari
Come riportato in un documento diffuso da Intermonte dal titolo “Report mensile sulle Mid Small Cap italiane”: “i dati di Assogestioni relativi al 1° trimestre del 2023 mostrano 779,1 milioni di euro di deflussi, superiori al dato dell’intero 2022 (733,8 milioni di euro): un risultato decisamente più negativo delle attese, che ci induce a rivedere le nostre stime per l’anno in corso, prevedendo deflussi pari a 1,5 miliardi di euro. Le nostre previsioni, seppur riviste al ribasso, confermano le aspettative di un miglioramento dei numeri nel secondo semestre 2023. Se si guarda alle cause dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati”.
Tuttavia, considerato che secondo alcune fonti il governo italiano sarebbe a lavoro per prevedere un emendamento volto a consentire agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR), secondo Intermonte si deve essere fiduciosi e all’orizzonte si profilano ottime possibilità per rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR: “nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore”.
Ciò considerato, Intermonte ipotizza:
- per il 2023 una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 300 milioni di euro
- per i sottoscrittori di Pir in modo continuativo, la raccolta complessiva nel secondo anno potrebbe essere pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); con una raccolta stabile nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno
- l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari approssimativamente al 15% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.