Fausto Melotti e le sue ceramiche rarefatte a Lucca

Teresa Scarale
Teresa Scarale
24.3.2023
Tempo di lettura: 3'
La Fondazione Ragghianti, a Lucca, ha inaugurato un’importante mostra dedicata a un gigante dell’arte del Novecento, qui celebrato nella sua geniale capacità di superare le possibilità materiche della ceramica

Semplicemente, “Fausto Melotti. La ceramica”. È il doveroso omaggio che la Fondazione Ragghianti di Lucca, a cura di Ilaria Bernardi, tributa a uno dei maestri più grandi di tutto il Novecento, dal 25 marzo al 25 giugno 2023, nel ventennale del “Catalogo generale della ceramica”. Scultore, pittore, disegnatore e poeta, Fausto Melotti (Rovereto, 1901 - Milano, 1986) fu anche un raffinato ceramista, trovando nella ceramica – dal secondo dopoguerra fino ai primi anni Sessanta – uno strumento di invenzione e trasformazione della scultura. L’artista giunge alla ceramica «in punta di piedi», per citare il direttore della fondazione che porta il suo nome, Edoardo Gnemmi. «Le ceramiche erano considerate nel secondo dopoguerra non una forma d’arte compiuta», prosegue lo studioso. «Per questo motivo l’artista allora firmava queste opere con sette punti sotto la base. La questione sarebbe cambiata quando avrebbe visto le ceramiche di Picasso, giudicandole non migliori delle sue, leggerissime, sottili – quasi impalpabili». E non lo si direbbe, guardandole. «Le sue opere pesano quanto un foglio di carta; in questa mostra eterogenea si vede l’evoluzione della sua produzione». Le due produzioni di Melotti – la piccola in ceramica e quella di grande formato, nota a livello internazionale – sono complementari, spiega Ilaria Bernardi. Il loro tratto comune è la ricerca dell’etereo, del non-peso. Dell’astrazione rarefatta.


Vista dell'installazione della mostra Fausto Melotti. La ceramica, Fondazione Ragghianti, 2023. Ph. Beatrice Speranza


Fausto Melotti, artista che ha superato le possibilità di un materiale

Nel 1948 lo storico dell’arte lucchese Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca, 18 marzo 1910 – Firenze, 3 agosto 1987) pubblica un saggio nel catalogo della mostra “Handicraft as a fine art in Italy”, ospitata alla House of Italian Handicraft a New York. Tra le opere esposte, anche i vasi in ceramica di Fausto Melotti, che, insieme alle opere di Afro e Mirko Basaldella, Pietro Cascella, Filippo de Pisis, Renato Guttuso, Leoncillo, Marino Marini e altri, erano esposti per testimoniare che in Italia la produzione delle arti applicate fosse da considerarsi a tutti gli effetti parte delle belle arti (fine art). La mostra della Fondazione Ragghianti per Claudia Casali, direttrice del MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza (con la cui collaborazione è stata realizzata) è stata «un invito a nozze. Melotti è l’unico autore che è riuscito a superare la matericità del mezzo: la sua ceramica potrebbe essere vetro, carta... Ed è stato un riferimento importantissimo per tutti gli artisti successivi». 

“Fausto Melotti. La ceramica” è una mostra «tipologica», afferma la curatrice, e si sviluppa in quattro sezioni. La prima contestualizza la produzione ceramica di Melotti all’interno della sua vita e della sua attività, attraverso una cronologia illustrata che dalla nascita nel 1901 giunge alla sua scomparsa nel 1986. La cronologia è accompagnata da teche che accolgono importanti documenti del suo archivio legati specificatamente alla produzione in ceramica, tra cui tre quaderni mai esposti finora. La seconda è dedicata alle più note tipologie di sculture in ceramica concepite dall’artista come tali: si va da quelle a carattere sacro ai bassorilievi, dagli animali alle “Korai”, dai cosiddetti “Bambini” fino ai “Teatrini”. 

Tra queste opere si può vedere anche la “Lettera a Fontana” (1944), esposta nel 1950 alla Biennale di Venezia. Nella terza parte, il video “In prima persona. Pittori e scultori. Fausto Melotti” (1984), di Antonia Mulas, è l’unica (bellissima) intervista in cui l’artista stesso parla della ceramica, tracciando un’analisi profonda del proprio percorso e della propria concezione dell’arte. Il capitolo conclusivo dell’esposizione è dedicato alle “ceramiche d’uso”, che poi d’uso non sono. Coppe, coppette, lampade, piatti, piastrelle che, pur se ispirati a oggetti della quotidianità, sono stati realizzati dall’artista svincolandoli dalla loro funzione (tazzine troppo strette per farci girare un cucchiaino, vasi nella cui imboccatura non riesce a entrare nemmeno lo stelo di un fiore). Accanto alle opere di Melotti sono esposte quelle di noti artisti e designer con cui il maestro direttamente o indirettamente ebbe contatti, concesse in prestito dal MIC di Faenza, che conserva la raccolta d’arte ceramica più grande al mondo. 

Come ci racconta la curatrice, «non si tratta di opere poste in confronto filologico (per analogie formali o concettuali) ma confronti fatti unicamente dal punto di vista tipologico dell’oggetto». Si va da deliziose creazioni di Giacomo Balla e Lucio Fontana, passando da Leoncillo, Arturo Martini, Enzo Mari a Bruno Munari, fino ad arrivare a chicche di Gio Ponti, Emilio Scanavino, Ettore Sottsass (e altri). Con “Fausto Melotti. La ceramica” la Fondazione Ragghianti ha comunicato di «non soltanto rendere omaggio a un artista che ha saputo coniugare la tradizione classica con le avanguardie europee, la conoscenza scientifico-matematica con quella musicale (Fausto Melotti era lo zio del grande pianista Maurizio Pollini, ndr), l’abilità poetico-letteraria con quella di disegnatore, pittore e scultore, ma vuole soprattutto ricordare la sua multiforme e innovativa produzione in ceramica attraverso una mostra che, individuandone le tipologie più ricorrenti, possa delineare una nuova di mappatura di quella che Germano Celant chiamò la “galassia Melotti”».

Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

Cosa vorresti fare?