Il subbuglio della Brexit nel mercato dell'arte

Teresa Scarale
Teresa Scarale
31.1.2020
Tempo di lettura: 3'
Londra è (stata?) la seconda piazza mondiale dopo New York per il mercato dell'arte e la Brexit dovrà farvi i conti. Anche perché c'è una capitale europea che affila gli artigli per soffiarle il posto. E i galleristi? Scrutano entrambi i versanti dell'orizzonte
Anche per il mondo dell'arte si apre una nuova era commerciale: Londra è la seconda piazza internazionale più importante dopo New York per il mercato dell'arte. Ora però la mezzanotte (italiana) del 31 gennaio è scoccata e la Brexit può dirsi ufficiale.
Di qui a undici mesi nulla cambierà: è il periodo transitorio, quello durante il quale Ue e Uk dovrebbero giungere alla firma dei negoziati commerciali che poi regoleranno nel concreto i rapporti fra i due. Quello che accadrà dopo il dicembre 2020 è però ignoto. Il governo non ha lasciato trapelare nulla del suo piano, a patto che ne abbia uno.

Per alcuni, come la curatrice e consulente Lucy Rose Sollitt, la Brexit potrebbe portare a una ridefinizione della proprietà intellettuale, del copyright, dei diritti di rivendita dell'artista, ossia dei diritti che vengono pagati all'artista ogniqualvolta una sua opera è rivenduta (fonte Artnet News). Il gallerista Thaddaeus Ropac si dice generalmente ottimista, perché c'è l'interesse da entrambe le parti (Uk e Ue) a trovare soluzioni pragmatiche. Le questioni “sono solo tecniche” e il mercato britannico è “grande e forte abbastanza per sopravvivere alla Brexit”.

Brexit e mercato dell'arte, il primo test subito in febbraio


Le grandi aste di febbraio 2020 saranno il primo test. Christie's terrà le serali Impressionist and Modern Art e The Art of the Surreal il 5/2. Il 6/2 si terrà poi la Impressionist and Modern Works on Paper, il 6/2 la Impressionist & Modern Art day sale. Concluderanno poi la serie di Christie's le due Post-War and Contemporary sale, sia in versione diurna che serale. Sotheby's invece debutterà il 4/2 con Impressionist, Modern & Surrealist Art evening sale, per poi proseguire con la Impressionist & Modern Art day sale del 5/2 e concludere con le due aste Contemporary Art, sia nella versione serale (11/2) che diurna (12/2).

L'ascesa di Parigi


Molti galleristi della Fiac (Foire international d'art contemporaine) a ottobre osservavano che la fiera parigina ha ormai raggiunto Frieze in termini di scambi, perché i collezionisti americani “stanno tornando a Parigi” (a parlare è il gallerista austriaco Thaddaeus Ropac).

Lo scorso anno Londra ha contato per il 20% del mercato mondiale dell'arte, mentre Parigi solo il 7% (dati Art market report Ubs e Art Basel): il divario da colmare è ancora ampio. Dati confermati anche dall'Intelligence Report di Artnet, secondo cui nei primi sei mesi del 2018 France's $452.5 million share of the fine art auction market pales in comparison to the UK's $2 billion.

Di sicuro però Parigi sta già beneficiando dell'effetto Brexit. David Zwirner vi ha da qualche mese aperto una nuova galleria, e altri potrebbero seguirlo, come Pace e Hasuer & Wirth. Ma per altri galleristi rimanere a Londra adesso è più importante che mai. La galleria sudafricana Goodman ha aperto a Londra lo scorso autunno senza badare all'ombra della Brexit. Come dichiara ad Artnet News la sua direttrice, Jo Stella-Sawicka (ex direttrice artistica di Frieze) ora “è più importante che mai continuare ad allargare gli orizzonti, guardando al di là dei confini costruiti socialmente”.
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David Hockney in asta l'11 febbraio 2020 a Londra da Sotheby's. Courtesy Sotheby's
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Albert Oehlen in asta da Christie's
Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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