Matteo Cibic, il design d’autore che crea relazioni umane

Chi è Matteo Cibic
Matteo Cibic nasce a Parma il 5 Ottobre del 1983 e cresce nelle campagne fra Treviso e Venezia. Comincia i suoi studi presso l’Istituto Salesiano dove impara l’importanza di credere nei propri sogni e di trasmettere agli altri questa visione, “Incredibilmente i sogni si avverano! E le persone sono disposte ad aiutarti.” Dice Matteo. Ad influenzare la sua concezione, la figura di Don Bosco, uomo che amava essere circondato da giovani e che iniziava nuovi progetti senza risorse economiche, sapendo che credendoci qualcuno l’avrebbe aiutato. Fino all’età di 14 anni l’aspirazione del giovane Matteo era quella di diventare Papa, così nell’estate del 97’ i genitori lo mandarono a Milano per un’esperienza lavorativa nello studio dello zio Aldo Cibic, (designer e architetto italiano, uno dei fondatori di Memphis assieme a Ettore Sottsass) con la speranza di spostare la sua attenzione su qualcosa di diverso ed effettivamente funzionò. Aldo all’epoca aveva lo studio vicino a una famosa agenzia di modelle e Matteo non ci mise molto a capire che sarebbe stato meglio fare il designer piuttosto che il Papa.
Il percorso
Proseguì il suo percorso di studi frequentando il Liceo Artistico con indirizzo architettura a Venezia dopo aver studiato un anno in Inghilterra al Canterbury Institute, centro indipendente per la ricerca e l’apprendimento a Oxford, dove imparò tutte le tecniche e le lavorazioni in ambito artistico, approfondendo le materie di: scultura, gioiello, microfusione, moda, editing e molto altro e trascorrendo le nottate in biblioteca.
Concluso il liceo, Matteo si trasferì a Milano, a casa dello zio Aldo dove oltre a lavorare in studio si iscrisse al Politecnico. Gli anni passati a lavorare con Aldo Cibic influenzarono Matteo dal punto di vista stilistico nella rotondità delle forme, nella visione antropomorfa e zoomorfa degli oggetti oltre che per l’utilizzo della ceramica e del vetro come materiali prevalenti. A livello contenutistico invece lo spinse a interessarsi a progetti di ricerca e sperimentazione artistico-sociale.
Successivamente Matteo fu selezionato per una residenza artistica presso Fabrica, l’istituto creativo fondato nel 1994 da Luciano Benetton e Oliviero Toscani con sede a Treviso. All’età di 24 anni comincia a disegnare i suoi primi prodotti per interni e dopo un veloce excursus nel mondo moda, in Belgio, dove fondò un piccolo marchio che realizzava pantaloni con bretelle, tornò a Milano e aprì il suo studio di design che dopo qualche anno spostò a Vicenza dove risiede attualmente.
Quello di Matteo non è il classico approccio al design, è una visione che mescola arte e conoscenze di alto artigianato con un approccio sperimentale. Una grande attenzione è riservata alla ricerca sulle tecniche di produzione e sui materiali che può portare a combinare materiali di ultima generazione con antiche tecniche di lavorazione.
Progetti
Lo sguardo visionario, personale e innovativo di Matteo, ha portato i suoi lavori ad essere esposti in alcuni dei principali musei del mondo come: Musee Pompidou-Parigi; Shanghai Museum of Glass; Saint Etienne Design Biennale, Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, Mudac - Lausanne; Triennale Design Museum – Milano (https://www.we-wealth.com/news/pleasure-assets/Arte/amici-triennale-mecenatismo-riapre-giardino). Matteo Cibic può essere considerato un maestro nel divertimento di lusso, le sue creazioni hanno forme antropomorfe contraddistinte da una sottile ironia, come la collezione “Animagic” gli “animali-statuette" ispirati ai vasi canopi egizi, che diventano mobili-scultura dall’altezza di 1,5 m, si tratta di un bestiario, un paradiso dove gli animali si incontrano copulando e creando nuovi animali, è infatti appena stato festeggiato a Goa in India un matrimonio riparatore fra Luna e Don Ciuco celebrato da Scarlet Splendour, brand indiano produttore di questi meravigliosi cabinet realizzati in fusione d’ottone e legno.
Matteo lavora inoltre per progetti pubblici a livello nazionale e internazionale e per progetti privati, approcciandosi indiscriminatamente a lavorazioni industriali e artigianali.
Nel 2017 viene premiato come International Young Talent of the Year 2017 da Elle Decor.
I suoi clienti variano dai marchi di lusso alle aziende hi-tech come: Benetton Group, Bonotto Editions, Calligaris, Centre Pompidou, Dodo Pomellato, Gallo Calze, Gas Jeans, Gran Teatro La Fenice di Venezia, HFC, JCP, La Rinascente, Lane Crawford, Marazzi, Miroglio Fashion Group, Moret, Mutaforma, Nespresso, Obag, PaolaC, Replay Jeans, Scarlet Splendour, Starbucks, Tim, Timberland, Jaipur Rugs.
L'intervista
Da dove nasce il tuo legame, la tua passione, per il mondo del design?
La mia passione per il design nacque nel momento in cui cominciai a lavorare in studio da mio zio Aldo Cibic, l’ambiente era multietnico, stravagante, legato al mondo della moda e dell’arte; tutto questo mi appassionò e mi interessò da subito. Negli anni 90’ Milano era l’epicentro della moda, c’erano eventi, sfilate e il design era strettamente legato a questi mondi. All’epoca mi capitava spesso di seguire Aldo alle varie inaugurazioni e frequentare questo ambiente mi fece capire quanto mi piacesse.
Cos’è per te il design?
Per quanto mi riguarda il design è uno strumento per socializzare. Mi serve per relazionarmi con ogni genere di persona, con individui apparentemente molto lontani da me, può capitarmi di entrare in contatto con un milionario così come con un artigiano che vive dall’altra parte del mondo. Vivo il design come un mezzo per “qualcos’altro”, funzionale agli aspetti sociologi e relazionali a cui sono molto interessato. Per me è uno strumento per conoscere le persone!
Qual’è la scintilla che accende il tuo fuoco creativo, la ghianda da cui si sviluppa la tua poetica e il tuo lavoro, come direbbe Hillman?
Creo i miei oggetti per stabilire nuovi rapporti umani. Le mie creazioni fungono da ponte, da tramite per comunicare con il mondo che mi circonda, per emozionare le persone. Non so se io con i miei oggetti ho un rapporto emozionale, quello che so è che le formule compositive che utilizzo come ad esempio quelle dell’ironia sono un linguaggio che mi permette di creare un’empatia con il fruitore e di entrarci in contatto ad un livello più intimo.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato e i collezionisti?
Con i miei collezionisti spesso intrattengo rapporti diretti perché hanno il desiderio di conoscermi personalmente e frequentemente dopo esserci conosciuti diventiamo amici, da lì in genere cominciano collaborazioni continuative che si espandono a diversi ambiti.
Il mio cliente tipo è quella persona che ha un sogno da esaudire, una visione che va al di là del suo quotidiano, estranea al suo business. Solitamente inizia collezionando le mie sculture e poi mi chiede di declinare la mia visione su un suo progetto imprenditoriale così quasi senza accorgermene divento il direttore creativo della sua azienda.
Fra tutti i progetti che hai realizzato qual’è ad oggi quello che ti sta più a cuore?
Il prossimo progetto
Se fossi un materiale quale saresti?
Uno slime
Dove trovi la tua ispirazione?
Le ispirazioni più interessanti le trovo nei libri antichi o nei musei di arte antica o etnografici, per le tecnologie invece trovo ispirazione nelle fiere più disparate da quelle di meccatronica a quelle di impastatrici per pane, fiere totalmente assurde e luoghi inaspettati.
Cosa pensi possa fare il mondo del design per proteggere il pianeta?
Non fare divanetti, sedie e cucchiaini. Intanto si potrebbe cominciare a capire come utilizzare la materia prima seconda, siamo ancora concentrati a fare mining di materia prima quando abbiamo tonnellate di materia prima seconda che vengono o interrate o incenerite, è una follia e tutto questo perché comprarla nuova costa meno! Non esistono filiere che sfruttano questo materiale di “scarto”, bisognerebbe trovare un modo di utilizzarlo!
