Auto classiche, scatta la presunzione di reddito

La detenzione di un’automobile di interesse storico da parte di un contribuente è stata al centro di un caso di accertamento fiscale finito davanti ai giudici tributari. In base alla decisione finale assunta dalla Corte di cassazione questo tipo automobili sono indici di capacità contributiva espressamente individuati dal legislatore che rilevano ai fini della determinazione del reddito in via presuntiva (ordinanza n. 36123 del 9 dicembre 2022 ripresa da Fiscooggi). L’elemento centrale della sentenza, che in realtà conferma altri precedenti in materia, è nella circostanza che tali indici di capacità contributiva non possono essere disapplicati dal giudice ma devono sempre essere utilizzati, se ricorrenti, ai fini della rideterminazione del reddito rispetto a quello dichiarato dal contribuente.
Inoltre, a questi e agli altri beni rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale, viene riconosciuto un valore di presunzione legale il che vuol dire che l’Agenzia delle Entrate non deve ulteriormente supportare l’esito del calcolo del maggior reddito con altri elementi di prova. Sarà invece il contribuente a dover dimostrare che l’acquisto del bene e le spese del suo mantenimento sono avvenute con redditi già assoggettati a tassazione o non tassabili come ad esempio donazioni, successioni, finanziamenti o altro. Nel caso specifico l’auto al centro dell’accertamento fiscale è una Mercedes Benz 250 Coupé, immatricolata nel 1970 e acquistata prima del 1998. Ai giudici non è sfuggito il fatto che questo tipo di automobili hanno un interesse collezionistico che aumenta in funzione delle condizioni in cui il bene viene mantenuto. Chi acquista questo tipo di beni, quindi, sostiene generalmente delle spese di manutenzione e per riparazioni derivanti dall’usura del tempo che inevitabilmente presuppongono una disponibilità reddituale. Pertanto, ai fini fiscali rileva non solo l’acquisto iniziale del bene nell’anno in cui questo è avvenuto ma anche ma anche le spese ricorrenti. Non solo automobili ma tra gli altri beni indici di capacità contributiva troviamo anche opere d’arte, immobili, polizze vita, orologi, gioielli, imbarcazioni e borse di lusso solo per citarne alcuni (decreto 24.12.2012).
L’accertamento con il c.d. redditometro, utilizzato nel caso specifico dall’Agenzia delle Entrate per rideterminare in via presuntiva il reddito del contribuente, prevede che l'ufficio possa' sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento sia avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile (art. 38, comma 4 e seguenti, del D.P.R. 600/1973). La determinazione sintetica del reddito complessivo è tuttavia ammessa a condizione che il reddito accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato. Il contribuente che subisce l’accertamento deve comunque essere inviato a comparire per fornire i chiarimenti e la documentazione idonea a superare l’esito del ricalcolo. Se l’accertamento viene confermato si può ricorrere al giudice che valuterà quindi la prova contraria offerta.
Tuttavia, i controlli dell'Agenzia delle entrate stanno andando nella direzione di accantonare l’accertamento da redditometro per privilegiare gli adempimenti collaborativi e spontanei dei contribuenti. In base ai dati diffusi dalla Corte dei conti relativamente all’anno 2021 infatti il numero di accertamenti sintetici negli ultimi anni è andato sempre più in diminuzione. L’accertamento oggetto della sentenza si riferisce infatti ai periodi di imposta 2006-2007-2008 seppur giunti a sentenza nel 2022. L’attività di controllo oggi si concentra sull’intelligenza artificiale con l'applicativo Ve.R.A. in grado di incrociare le informazioni comunicate dagli operatori finanziari all'archivio dei rapporti finanziari e degli altri elementi presenti in anagrafe tributaria che dovrebbe consentire di indirizzare l'ordinaria attività di controllo nei confronti delle posizioni a più elevato rischio di evasione. A questo si aggiungono le dichiarazioni dei redditi pre-compilate inviate direttamente dall’Agenzia delle Entrate e i ravvedimenti operosi che dovrebbero limitare le “dimenticanze” dei contribuenti.
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