Freddy Battino (Il Ponte): il gusto di vincere difficile

Teresa Scarale
Teresa Scarale
19.5.2023
Tempo di lettura: 3'
Fontana, Boetti, Burri, Morandi. È “facile” fare record in asta con nomi ultra consolidati nel mercato. C’è però chi preferisce la ricerca, stanare talenti brillanti sepolti dal tempo e improvvidamente dimenticati dal sistema dell’arte. Ne abbiamo parlato con Freddy Battino, direttore del dipartimento di arte moderna e contemporanea de Il Ponte

Il catalogo d’asta è uno strumento culturale molto potente: oltre agli artisti più noti e sicuri per il mercato, vi si possono ospitare talenti sconosciuti ai più eppure di grandissimo valore artistico. La pensa così il direttore del dipartimento di arte moderna e contemporanea de Il Ponte, Freddy Battino, che della ricerca indefessa e provocatrice ha fatto la sua cifra stilistica e professionale. «Siamo l’unica casa d’aste che ha fatto 25 record mondiali proponendo opere di artisti italiani che amo definire “fuori dal coro”, ovvero non ancora esplosi sul mercato o addirittura mai andati in asta, senza storico su Art Price. Opere che le case d’asta maggiori non propongono, o perché non le conoscono o semplicemente perché non vogliono rischiare. Io invece amo molto proporre artisti “che non si vendono”. Non perché io abbia un’indole masochista, ma perché – come mi dissero una volta – mi piace vincere difficile».


Freddy Battino, Il Ponte

Le piace il vero lavoro di scounting, ricerca. 

«Esattamente. E sto proseguendo a spron battuto sulla mia strada. Nel nostro prossimo catalogo (quello relativo all’asta di arte moderna e contemporanea del 23 maggio 2023, ndr) abbiamo artisti che non sono mai apparsi in asta o che secondo il sottoscritto non hanno mai realizzato le quotazioni che meritano. È necessario provocare il mercato, sperimentare: un atteggiamento che paga moltissimo anche sulla piazza internazionale».


Per esempio? 

«Penso al geniale futurista Renato Di Bosso (1905-1982). Con lui abbiamo fatto record mondiale, suscitando l’interesse di una grossa fondazione straniera che colleziona futurismo italiano. O ad Alberto Martini (1876-1954), genio incompreso che fu invitato da André Breton a far parte del Surrealismo, con Max Ernst, Paul Delvaux, René Magritte. Ma era uno spirito ribelle, non voleva essere definito da etichette. Nella nostra ultima asta ha suscitato l’interessamento di diverse gallerie estere che non solo lo hanno acquistato, ma hanno anche chiesto se ci fossero collezionisti disposti a prestare sue opere. O ancora, a Emilio Scanavino, di cui anni fa una fondazione tedesca che non lo conosceva affatto comprò un’opera – Il trionfo della morte – spendendo 140.000 euro per averla. I collezionisti francesi, inglesi, tedeschi sono molto attenti a questo segmento del mercato. Ciò vuol dire esportare arte italiana, fare davvero cultura grazie a una sorta di contagio. È un lavoro temerario, coraggioso, che mi entusiasma. Vorrei però precisare una cosa».



Renato Di Bosso, Balilla


Prego. 

«Non si tratta di fare gli originali a tutti i costi. Questo processo di selezione permette di fare ottimi investimenti. Non parliamo dell’ultra contemporaneo speculativo, ma di artisti storicizzati, benché sepolti sotto gli strati del tempo e non ancora scoperti. Nel nostro catalogo attuale c’è un quadro straordinario di Anselmo Bucci (1887-1955), Il fuoco, in cui le fiammate, i lampi di colore dei cannoni lo rendono quasi informale. È altamente probabile che farà un risultato eccellente». 



Alberto Martini, Donna pensosa



Alberto Martini, Pierrot (danzante)


Chiediamo a Freddy Battino come si affina questo talento per l’esplorazione, lo scouting. Ci risponde che si tratta di conoscenza, conoscenza, conoscenza. Degli artisti. Dei collezionisti. Sviluppata in oltre 50 anni di attività e studio. La carta della competenza estrema e della cultura permette di vincere laddove la concorrenza è «a coltello». Il ricordo va a Domenico Gnoli, ignorato per decenni dal sistema dell’arte e poi superstar della Fondazione Prada (e del mercato) lo scorso anno grazie a Germano Celant. Con un’attitudine un po’ provinciale, i collezionisti italiani si accorgono degli artisti solo quando «i prezzi aumentano». Non sarebbe male imparare a leggere i cataloghi e a investire oculatamente, quando le valutazioni dell’asset sono ancora convenienti.


Anselmo Bucci, Il fuoco

Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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