Goldman Sachs stima che le vendite dell’industria musicale globale cresceranno a un tasso composto del 12% tra il 2021 e il 2030 a oltre 150 miliardi di dollari
ANote Music è il primo marketplace di royalty musicali fondato nel 2018 da Marzio Schena insieme a Matteo Cernuschi e Grégoire Mathonet
Sta per alzarsi il sipario sulla 73esima edizione del Festival di Sanremo che, dal 7 all’11 febbraio, vedrà nuovamente Amadeus nelle vesti di conduttore e direttore artistico per il quarto anno di fila. Mentre i bookmaker scommettono sulla vittoria di Ultimo, Marco Mengoni e Giorgia, We Wealth ha analizzato gli strumenti disponibili oggi per chi desidera investire nella musica. Dai principali fondi quotati come Hipgnosis o Blackstone alle piattaforme per puntare direttamente sulle royalties.
“A investire nel mondo musicale sono storicamente player del settore, vale a dire etichette discografiche o editori che supportano l’attività di individuazione del talento, della creazione del prodotto musicale e infine della sua diffusione al pubblico”, racconta Marzio Schena, ceo di ANote Music, l’unico marketplace europeo di investimento in royalty musicali fondato nel 2018 da Schena insieme a Matteo Cernuschi e Grégoire Mathonet. “Ultimamente però anche una serie di player del mondo finanziario hanno iniziato a puntare su questo settore”. È il caso dei fondi quotati, che stanno prendendo esposizione su cataloghi musicali storici dal valore che oscilla tra i 40 e i 200 milioni di euro (come quello di Justin Bieber, recentemente acquistato dall’inglese Hipgnosis Songs Capital – che ha nel capitale anche il fondo americano Blackstone – proprio per 200 milioni di dollari).
Un’alternativa è investire nelle etichette discografiche quotate, spiega Schena, ottenendo così una quota dei cataloghi in cui investono. “Warner Music è quotata dal 2020, Universal Music dal 2022, per esempio. Purtroppo non è acquistabile Sony Music ma è possibile investire nel conglomerato Sony”, precisa l’esperto. “Un metodo particolare è investire tramite Nft (Non-fungible token) ma in quel caso parliamo di un investimento principalmente per crypto lovers. E infine ci sono piattaforme come ANote Music, che consentono di investire direttamente all’interno della proprietà intellettuale di cataloghi in maniera frazionata, andando a prendere appunto investimenti in cataloghi prima disponibili per addetti ai lavori, poi tramite fondi d’investimento molto grossi o società quotate e rendendoli accessibili agli investitori retail, i music lover, con ticket d’investimento particolarmente più piccoli”.
ANote Music: il marketplace per investire nella musica
“ANote Music nacque durante il Festival di Sanremo del 2017 dall’idea di scommettere su chi avrebbe vinto”, ricorda Schena. “Poi in realtà ci siamo allontanati da quell’idea, perché scommettere su chi avrebbe vinto Sanremo significava investire su una canzone nuova. E investire su una canzone nuova è estremamente complesso, perché mancano le informazioni su come verrà accolta dal pubblico e sulle royalty generate. Di conseguenza, oggi ci occupiamo di cataloghi con almeno tre anni di storico, su cui ci siano royalties historical statement sui quali si possano operare delle valutazioni e identificare le royalty in termini percentuali che un investitore si può attendere nel tempo”. Non è possibile investire oggi sulle royalty delle canzoni in gara alla kermesse musicale di quest’anno, in altre parole, ma ricordiamo che nel 2022 – tramite ANote Music – era possibile investire sui diritti d’immagine delle Vibrazioni (in gara con il brano “Tantissimo”).
Investire nella musica: i rischi (e come difendersi)
Certo, non mancano dei rischi. Basti pensare innanzitutto che si tratta di un investimento legato alle abitudini di consumo e quindi al fatto che un determinato bravo piaccia, continui a essere amato nel tempo e continui a essere ascoltato. Un fattore di rischio dal quale ci si potrebbe presto tutelare grazie a Clouty, una startup di Chicago che – secondo quanto risulta al Financial Times – sarebbe in discussione con le borse americane per lanciare future collegati a singoli brani, artisti e generi musicali. “Oggi siamo in condizioni di mercato particolarmente favorevoli”, rassicura tuttavia Schena. “La maggior parte degli analisti sono concordi nel prevedere grandi profili di crescita per il settore”.
Goldman Sachs, per esempio, ha stimato nel 2022 che le vendite dell’industria musicale globale cresceranno a un tasso composto del 12% tra il 2021 e il 2030 a oltre 150 miliardi di dollari. Il mercato italiano, secondo gli ultimi dati di Deloitte per Fimi, ha intanto chiuso il primo semestre dello scorso anno con una crescita complessiva del 18,33% e un fatturato di più di 153 milioni di euro. La parola chiave, conclude Schena, è diversificazione. “L’ideale è acquisire esposizione al maggior numero di categorie di diritti musicali, quindi sia diritti editoriali che diritti master. Ma anche a più generi musicali, per esempio il country era in voga fino a tre o quattro anni fa, mentre oggi si parla principalmente del pop. E infine la distribuzione geografica: molti investitori sono interessati ora al k-pop (korean popular music, ndr), che vanta un profilo di crescita elevato; altri invece all’Italia, perché la penetrazione dello streaming è più bassa rispetto ai paesi nordici”.
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