Nell’ultimo anno, i fondi bilanciati europei hanno subito riscatti netti per oltre 50 miliardi di euro
Uno studio realizzato da Morningstar sui fondi bilanciati ha messo in luce un gap medio di 2,54 punti percentuali rispetto all’indice di riferimento
Avere un portafoglio diversificato riduce il rischio complessivo del portafoglio
I costi sono la principale zavorra delle strategie attive, ma esistono alternative tra gli Etf e il fai-da-te
L’esodo dai fondi bilanciati sembra inarrestabile. Nell’ultimo anno, Morningstar ha stimato deflussi per oltre 50 miliardi di euro in tutta Europa. Ad agosto, sono stati la peggior categoria con riscatti netti pari a 2,7 miliardi. Da maggio 2022, hanno avuto solo tre mesi di raccolta positiva, perché gli altri sono sempre stati con il segno meno. Risultato: la loro quota di mercato si è ridotta di quasi un punto percentuale al 12,7%.
Nonostante questo, restano la terza più importante asset class in Europa, dopo le azioni e le obbligazioni, con un patrimonio di oltre 1.600 miliardi, quasi interamente imputabile alle strategie attive, perché quelle passive sono poche.
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Nell’ultimo anno e mezzo il classico portafoglio 60/40, ossia composto al 60% da azioni e al 40% da obbligazioni è stato messo a dura prova a causa principalmente dell’aumento delle correlazioni tra le diverse asset class. Ma la crisi dei fondi bilanciati, probabilmente, ha radici più profonde.
I fondi bilanciati deludono nel decennio
Uno studio realizzato da Morningstar ha messo in luce le performance deludenti delle strategie multi-asset attive globali nell’ultimo decennio, con un gap medio di 2,54 punti percentuali rispetto all’indice preso a riferimento (Morningstar Euro moderate global target allocation). I calcoli sono a fine 2022, ma il divario perdura anche quest’anno.
La colpa principale della sotto-performance dei fondi bilanciati è – nella maggior parte dei casi – l’elevato costo. Prendiamo, ad esempio, un portafoglio di 10 mila euro su cui grava una commissione di ingresso del 3% e delle spese correnti del 2% (un caso non inusuale in Europa). Ebbene, l’analisi mostra che negli ultimi dieci anni oltre la metà del suo rendimento è stato mangiato dai costi, soprattutto quelli correnti (vedi grafico sotto).
Commissioni elevate possono ridurre i rendimenti potenziali di oltre il 50%
Se i costi sono la causa principale di rendimenti al di sotto delle aspettative, non sono però l’unica, perché spesso entrano in gioco anche altri fattori come le scelte di asset allocation, la selezione dei titoli e il market-timing.
Perché è sbagliato abbandonare i portafogli bilanciati
Abbandonare l’idea di un portafoglio 60/40 potrebbe, però, essere un errore. Se guardiamo i dati storici, capiamo il perché.
“Dal 1929 a oggi sono stati solo cinque gli anni in cui la correlazione tra azionario e obbligazionario ha portato entrambi i principali listini di queste asset class a essere sostanzialmente piatti o negativi: 1941, 1969, 1987, 2018 e 2022. Nello stesso periodo, nel 77% dei casi dal 1929 a oggi il portafoglio 60/40 ha registrato performance positive (composto da S&P 500 e Treasury Bond 10 anni, fonte: Stern NYU, Jupiter)”, commenta Andrea Rocchetti, head of investment advisory di Moneyfarm.
“Il 2022 è stato il terzo peggior anno in questa serie storica. Dopodiché nel corso dei primi sette mesi di quest’anno i rendimenti offerti dalle due principali asset class sono tornati ampiamente positivi. Numeri alla mano, difficile dubitare dell’efficacia di investire in soluzioni multi-asset”, conclude Rocchetti.
La diversificazione riduce il rischio di portafoglio
È sulla stessa linea Matias Möttölä, director of Manager research di Morningstar: “Avere un portafoglio diversificato ha senso: allocando i tuoi investimenti su differenti asset class, riduci il rischio complessivo del portafoglio. Il reddito fisso, ad esempio, serve a mitigare gli effetti del calo delle azioni. Questo determina migliori risultati in termini di performance corrette per il rischio nel lungo periodo”.
Il grafico qui sotto mostra bene questo aspetto, mettendo a confronto un portafoglio bilanciato, con uno solo azionario e uno solo obbligazionario e utilizzando lo Sharpe ratio come misura dell’efficienza del portafoglio.
Le alternative ai fondi bilanciati attivi
Probabilmente, molti che avevano dichiarato morto il portafoglio 60/40 si dovranno ricredere, ma per il piccolo investitore resta il problema dei costi che sistematicamente si mangiano le performance.
Una possibile soluzione è rappresentata dagli Etf, che generalmente hanno commissioni inferiori. Tuttavia, il problema è che gli Etf (Exchange-traded fund) bilanciati sono molto pochi in Europa, circa una quindicina. Differiscono dai fondi attivi perché replicano passivamente un indice, di conseguenza il gestore non cerca di aggiungere valore attraverso l’asset allocation tattica o la selezione dei titoli.
Un’alternativa è un portafoglio fai-da-te, che combini un Etf azionario e uno obbligazionario globale. Questo significa rinunciare ad alcuni benefici delle strategie multi-asset sofisticate, ma permette di tenere i costi bassi. Questa opzione è un po’ più laboriosa, perché l’investitore deve ribilanciare il portafoglio per evitare che il profilo di rischio cambi in modo significativo. Inoltre, bisogna mettere in conto i costi di negoziazione e le imposte sul capital gain ogni volta che si fa il ribilanciamento.
In ogni caso, secondo i ricercatori di Morningstar, il portafoglio multi-asset fai-da-te merita attenzione. “L’onere complessivo è intorno allo 0,5%, anche includendo le tasse sul capital gain (l’ammontare preciso varia da mercato a mercato), una percentuale che è comunque inferiore all’1,47% di commissione media pagata dagli investitori europei per i fondi bilanciati moderati globali (dati a fine 2022), a cui spesso bisogna aggiungere una fee di ingresso”, spiega Möttölä.
Un bravo gestore fa la differenza
Il futuro dei bilanciati risiede, dunque, in soluzioni diverse dai fondi attivi? Non è detto. Un bravo manager può creare valore con le sue scelte di investimento. Inoltre, l’inclusione di asset class alternative, come le materie prime o il real estate, può aumentare la diversificazione. Gli investitori che scelgono questa opzione, tuttavia, devono fare un’analisi attenta della strategia, del suo profilo di rischio/rendimento e dei costi.