Secondo i dati della Covip, al netto dei costi di gestione e delle imposte, la rivalutazione del Tfr ha reso l’8,3% nel 2022
Dopo il 2022 il confronto decennale fra Tfr e fondp negoziale a capitale garantito, quelli più direttamente comparabili, si è ribaltato in favore del primo
Un 2022 straordinario, caratterizzato dalla fiammata dell’inflazione e dal crollo combinato di azioni e obbligazioni ha colpito i rendimenti della previdenza complementare e integrativa e aggiornato in modo significativo lo storico confronto fra Tfr e fondi pensione, anche sulla lunga distanza. I dati definitivi sulle performance realizzate dalle varie tipologie di previdenza complementare, presentati dalla Covip, l’autorità di vigilanza sul settore, hanno messo in evidenza come le gestioni a lungo termine che si sono rivelate più redditizie sono quelle maggiormente esposte al mercato azionario. Decisamente più in chiaroscuro il confronto con i fondi e i Pip bilanciati od obbligazionari, che hanno patito il calo del 2022 senza aver colto grandi frutti nemmeno negli anni precedenti, a causa dei tassi rasoterra mantenuti per lungo tempo dalle banche centrali che hanno compresso il valore offerto dai bond.
Infine, appare oggi poco giustificata la scelta “prudente” del fondo pensione a capitale garantito il cui rendimento decennale è scivolato dietro a quello del Tfr (garantito dall’Inps). I fondi negoziali garantiti, quelli verso cui confluisce il Tfr con il meccanismo del silenzio-assenso, prevedono la garanzia di restituzione del capitale e “una politica di investimento idonea a realizzare con elevata probabilità, in un orizzonte pluriennale, rendimenti pari o superiori al tasso di rivalutazione del Tfr“. La missione nel decennio 2013-22 è fallita: con un rendimento dello 0,7% contro il 2,4% della rivalutazione del Tfr. Nel decennio 2012-2021 il confronto era più equilibrato: con un rendimento annuo del 2,1% per i fondi pensione negoziali garantiti, contro l’1,9% del Tfr.
Il confronto nel 2022
Il Tfr prevede un adeguamento pari al 75% dell’incremento annuo del costo della vita, sommato a un rendimento fisso dell’1,5%. Il 2022 si è rivelato un anno ideale per il Tfr: con il picco dell’inflazione, pari all’11,3%, e un mercato finanziario duramente colpito dopo l’esuberanza post-covid, non c’è stata partita nel confronto con i fondi pensione di qualsiasi categoria.
Secondo i dati della Covip, al netto dei costi di gestione e delle imposte, la rivalutazione del Tfr ha reso l’8,3% nel 2022, contro un rendimento generale negativo del -9,8% per i fondi negoziali (riservati a specifiche categorie di lavoratori) il -10,7% dei fondi pensione aperti e il -11,5% dei Pip. L’unica categoria appartenente alla previdenza privata ad aver evitato il rosso è quella relativa ai Pip investiti in gestioni separate (a capitale garantito), il cui rendimento dell’1,2% resta molto indietro a quello realizzato dal Tfr l’anno scorso – confronto perdente che, per questa categoria di Pip, si osserva anche su orizzonti temporali più ampi.
Il confronto di lungo periodo fra Tfr e fondi pensione
Con l’exploit del Tfr nel 2022, il confronto di lungo periodo con i fondi pensione si è decisamente aggiornato. In un contesto di inflazione bassa e mercati in salita, tipica dell’era post-2008, i fondi pensione, in particolare quelli esposti alle azioni, avevano facilmente battuto i rendimenti del trattamento di fine rapporto. L’ultima fase di mercato ha reso il confronto più variegato. In particolare, nei dieci anni compresi fra il 2013 e il 2022 il Tfr si è rivalutato ogni anno del 2,4% (in aumento dall’1,9% del periodo 2012-2021).
Le linee azionarie di fondi negoziali, aperti e Pip hanno fatto decisamente meglio, con rendimenti annui rispettivamente pari al 4,7%, 4,9% e 4,7%. Per le soluzioni bilanciate, che comprendono bond e azioni, la differenza si riduce: i fondi negoziali hanno reso il 2,7%, quelli aperti il 2,9%. I Pip bilanciati, però, sono rimasti indietro con un +1,7% annuo. Man mano che si procede verso le gestioni più prudenti, scelte dai risparmiatori più avversi al rischio i rendimenti tendono ad assottigliarsi ulteriormente, senza nemmeno pareggiare l’inflazione media del periodo (1,7%). Ad esempio, le linee puramente obbligazionarie di fondi e Pip hanno reso da -0,2 a +0,2% all’anno.
“Facendo riferimento a un intervallo decennale (da fine 2012 a fine 2022), il quadro complessivo dei rendimenti delle diverse linee pensionistiche risulta sostanzialmente coerente con le implicazioni della teoria finanziaria più consolidata, che attribuiscono agli investimenti azionari rendimenti attesi più elevati, per compensare la loro maggiore volatilità”, ha affermato la Covip.
L’investimento in fondi pensione, tipicamente di lungo termine, dovrebbe quindi suggerire un’assunzione di rischio un po’ superiore, se si decide per una gestione potenzialmente più remunerativa del Tfr.
Volendo optare per una previdenza integrativa con una buona componente azionaria qual è la soluzione più conveniente? Sul tema la Covip afferma che “a parità di quota azionaria” nei rispettivi portafogli “i rendimenti dei comparti dei fondi negoziali si collocano su valori in media superiori a quelli dei comparti dei fondi aperti e dei Pip”, ha affermato l’autorità di vigilanza, “yali differenze possono essere imputate ai maggiori costi che caratterizzano queste ultime linee, costi che ovviamente incidono sui rendimenti netti”.
In particolare i Pip, le gestioni di tipo assicurativo, sono la soluzione più costosa per l’investitore. “Sul periodo decennale, nei comparti azionari la maggiore onerosità dei Pip si traduce in differenziali di costo di 2,31 punti percentuali rispetto ai fondi negoziali e 0,99 punti rispetto ai fondi aperti”, ha affermato la Covip, “nei comparti bilanciati, i Pip costano in media 1,77 punti percentuali in più rispetto ai fondi negoziali e 0,69 punti percentuali in più rispetto ai fondi aperti. Nelle linee obbligazionarie, il divario è, rispettivamente, di 1,55 e 0,85”.
LE OPPORTUNITÀ PER TE.
Come pianificare in modo efficace la pensione?
In quali circostanze mi conviene aderire a un fondo pensione?
Gli esperti selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi.
RICHIEDI LA TUA CONSULENZA GRATUITA
Tfr contro fondi pensione e Pip, l’ultimo confronto decennale
Sintetizzando, il confronto sul rendimento generale, che comprende le varie linee (bilanciate, azionarie, eccetera) mostra i seguenti risultati nel periodo 2013-2022, sensibilmente diversi rispetto al decennio ante-2022:
- Fondi negoziali: 2,2% (contro il 4,1% annuo del decennio concluso nel 2021)
- Fondi aperti: 2,5% (contro 4,6%)
- Pip (gestione separata): 2% (contro 2,2%)
- Pip unit linked bilanciato: 1,7% (contro 5,1%)
- Tfr: 2,4% (contro 1,9%)
Allargando il confronto agli ultimi 20 anni (ultima colonna del grafico in alto), il risultato non cambia nella sostanza: fondi negoziali e aperti hanno battuto il Tfr (e il suo 2,5% annuo) a patto di aver scelto gestioni azionarie o bilanciate. Rispetto all’ultimo decennio, l’orizzonte ventennale ha mostrato migliori risultati per le linee obbligazionarie, che potrebbero recuperare anche terreno nei prossimi anni in seguito al rialzo dei tassi dell’ultimo periodo.