L’ordinamento, sensibile ai
mutamenti della società, per intervento del legislatore o mediante l’attività
decisoria del giudice, evolve e apre, di volta in volta, a nuove possibilità,
diritti e orizzonti. Prova ne è la recente sentenza della Corte costituzionale
attraverso cui è stata dichiarata illegittima, in quanto discriminatoria, la
regola che attribuisce alla prole automaticamente il cognome del padre: nel
solco del principio di eguaglianza tra coniugi, ad entrambi i genitori è ora
riconosciuta la facoltà di attribuire al figlio il proprio cognome, secondo
l’ordine concordato.
Siffatta pronuncia segna un
ulteriore passo in avanti del nostro ordinamento verso il percorso di
parificazione dei diritti tra uomo e donna; in ossequio, tra le altre cose, a
quanto già stabilito – ben prima della pronuncia richiamata – dalla Convenzione
Cedaw, dal Trattato di Lisbona, dalla Convenzione europea per i diritti
dell’Uomo, nonché dalle sentenze emesse dalla Cedu. Ebbene, questa – senz’altro
storica e attesa – decisione apre a implicazioni che involgono e lambiscono
l’ambito patrimoniale e successorio.
A tal riguardo, abbiamo chiesto
all’avv. Maria Cristiana Felisi, dello Studio Maisto e Associati, di
approfondire la questione.
In che termini la
decisione della Consulta incide sulla trasmissione della ricchezza e sul
passaggio generazionale d’azienda?
La Consulta, nell’aprile 2022, ha
dichiarato incostituzionali tutte le norme che impongono automaticamente il
solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori. Da ora in poi,
quindi, “il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine […] concordato,
salvo che essi decidano […] di attribuire soltanto il cognome di uno dei due
[…]”. La pronuncia ha significativi riflessi anche per quanto riguarda la
trasmissione generazionale della ricchezza, laddove il cognome materno ha un
intrinseco valore distintivo. Si pensi ad esempio ai cognomi di donne note al
pubblico per meriti imprenditoriali e/o culturali, ed all’interesse in capo ai
discendenti di mantenere detto cognome per sfruttarne il valore identificativo.
È possibile chiederle un esempio?
Inoltre, in che modo il consulente legale può soddisfare le esigenze del
cliente e garantire la protezione e la tutela del patrimonio nel tempo?
Uno degli esempi più calzanti è
rappresentato dai discendenti delle grandi firme della moda, che, avendo
interesse a mantenere il cognome della stilista, in passato si vedevano
costretti a ricorrere alle autorità competenti per poter assumere il cognome
materno, dovendone motivare la richiesta. Grazie all’intervento della Consulta,
questi passaggi non saranno più necessari. Quanto agli strumenti di tutela del
patrimonio nel tempo, risulta utile il patto di famiglia, contratto con cui,
nel rispetto delle norme sulle successioni, l’imprenditrice trasferisce
l’azienda e/o le partecipazioni sociali ad uno o più discendenti. Con questo
patto, ad esempio, la fondatrice di una casa di moda o di un qualsiasi altro
business potrebbe trasferire l’azienda a quelli fra i suoi discendenti che
hanno l’intenzione e la capacità di portarla avanti, sfruttando inoltre la
trasmissibilità del cognome celebre e notorio per dare continuità (anche
d’immagine) al marchio.
Allargando il discorso, quali
sono, gli strumenti di trasmissione generazionale in ottica femminile?
Gli strumenti messi a
disposizione dal diritto italiano, in punto di trasmissione generazionale della
ricchezza, non conoscono discriminazioni basate sul sesso. Le aziende
familiari, ad esempio, possono essere passate ai discendenti – donne o uomini –
che meglio sapranno guidare il business familiare nella prossima generazione. E
ciò tramite il menzionato patto di famiglia, una donazione, o altri strumenti
(tra cui trust; fondazioni; polizze; clausole societarie) che possano
consentire una serena trasmissione della ricchezza e del know how familiare
attraverso le generazioni. Né esistono discriminazioni a livello di tutele che
la legge riserva ai successibili. Il coniuge viene protetto in egual misura,
sia esso marito o moglie, tramite il riconoscimento di una quota di eredità che
gli viene per legge riservata assieme al diritto di abitazione sulla casa
familiare e d’uso dei mobili che la corredano (a patto che la casa familiare
sia di proprietà del coniuge defunto, ovvero comune). Allo stesso modo, nessuna
differenza esiste tra figlie femmine e figli maschi – e nemmeno, più in
generale, tra figli naturali, legittimi e adottivi: a tutti loro la legge
riserva una quota di eredità, la cui entità varia solo al variare del numero e
qualità dei componenti della famiglia, ma non in base al sesso.
Avv. Felisi, ci può illustrare un
caso pratico di discriminazioni vietate nella trasmissione della ricchezza
anche alla luce delle convenzioni internazionali, tra cui Cedu, Cedaw?
Come detto, nel diritto italiano
non vi sono a livello positivo delle discriminazioni basate sul sesso in punto
di passaggio generazionale della ricchezza. Ciò, tuttavia, non è vero in tutti
i paesi del mondo. In alcuni paesi viene applicata la sharia, la legislazione
religiosa musulmana, che deriva dai precetti religiosi islamici e basata sulle
relative sacre scritture. Questa legislazione, al contrario di quella italiana,
fa delle distinzioni basate sul sesso: in generale, ad esempio, la legge della
sharia riconosce ai figli maschi una quota ereditaria doppia rispetto a quella
riconosciuta alle figlie femmine. Siffatte disposizioni della sharia, se
portate all’attenzione di un giudice italiano, potrebbero essere esaminate
sotto il profilo della contrarietà all’ordine pubblico italiano, sia interno
che internazionale, soprattutto per la contrarietà con il principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione. La Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo, nel 2018, ha sancito la disapplicazione della sharia in quanto
discriminatoria, affermando che uno Stato non può mai farsi garante
dell’identità di un gruppo di minoranza a detrimento del diritto di un membro
di quel gruppo di scegliere di non appartenervi.
Articolo estratto dal Focus pubblicato sul Magazine di We Wealth di giugno 2022